Abbacchio romano Abbacchio Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE DEL MONDO RURALE DIREZIONE GENERALE DELLO SVILUPPO AGROALIMENTARE E LA QUALITA’ SAQ VII
Proposta di modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano» Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha ricevuto, nel quadro della procedura prevista dal regolamento (CE) n.510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006, l’istanza intesa ad ottenere la modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano», registrata con regolamento (CE) n. 507 del 15 giugno 2009. Considerato che la modifica è stata presentata dal Consorzio di Tutela dell’Abbacchio Romano I.G.P., Via Rodolfo Lanciani, 38 – 00162 Roma, e che il predetto Consorzio è l’unico soggetto legittimato a presentare l’istanza di modifica del disciplinare di produzione ai sensi dell’art. 14 della legge n. 526/99. Ritenuto che le modifiche apportate non alterano le caratteristiche del prodotto e non attenuano il legame con l’ambiente geografico. Considerato altresì, che l’art. 9 del regolamento (CE) n. 510/2006 prevede la possibilità da parte degli Stati membri, di chiedere la modifica ai disciplinari di produzione delle denominazioni registrate. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali acquisito il parere della Regione Lazio circa la richiesta di modifica, ritiene di dover procedere alla pubblicazione del disciplinare di produzione della I.G.P. «Abbacchio Romano» così come modificato. Le eventuali osservazioni, adeguatamente motivate, relative alla presente proposta, dovranno essere presentate, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità – Direzione generale dello sviluppo agroalimentare e della qualità – SAQ VII, Via XX Settembre n. 20 – 00187 ROMA – entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della presente proposta, dai soggetti interessati e costituiranno oggetto di opportuna valutazione da parte del predetto Ministero, prima della trasmissione della suddetta proposta di modifica alla Commissione Europea. Proposta di modifica del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta «Abbacchio Romano» Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE DEL MONDO RURALE DIREZIONE GENERALE DELLO SVILUPPO AGROALIMENTARE E LA QUALITA’ SAQ VII Art. 1 Denominazione L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) "Abbacchio Romano" è riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati nel territorio di cui all’art. 3, che siano in regola con le norme dettate dal presente disciplinare di produzione e identificazione. Art. 2 Descrizione del prodotto All’atto dell’immissione al consumo la carne di “Abbacchio Romano” presenta le seguenti caratteristiche: - Colore: rosa chiaro e grasso di copertura bianco; - Tessitura: fine; - Consistenza: compatta, leggermente infiltrata di grasso Art. 3 Delimitazione dell’area di produzione La nascita, l’allevamento degli agnelli da latte e le operazioni di macellazione dello “Abbacchio Romano” devono avvenire in tutto il territorio della Regione Lazio, come meglio individuato dalla cartografia allegata. Art. 4 Elementi comprovanti che il prodotto è originario della zona geografica di cui all’art. 3. Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna i prodotti in entrata ed i prodotti in uscita. In questo modo e attraverso l'iscrizione degli allevatori, macellatori e sezionatori/confezionatori in appositi elenchi gestiti dall'organismo di controllo, nonché la tenuta di registri di produzione e condizionamento e la denuncia dei quantitativi prodotti, è garantita la tracciabilità e rintracciabilità da monte a valle della filiera produttiva. Inoltre, gli animali destinati alla produzione di Abbacchio Romano IGP dovranno essere Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE DEL MONDO RURALE DIREZIONE GENERALE DELLO SVILUPPO AGROALIMENTARE E LA QUALITA’ SAQ VII 3 identificati, non oltre 20 giorni dalla nascita, mediante apposizione sull'orecchio sinistro d'idonea fascetta o bottone auricolare contenente sul fronte il codice di identificazione dell'allevamento completo di lettere e cifre e, sul retro, il numero progressivo del capo; Tutte le persone, fisiche o giuridiche iscritte nei relativi elenchi saranno assoggettate al controllo da parte dell'organismo di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo. Art. 5 Metodo di ottenimento del prodotto Materia prima La materia prima dell’ “Abbacchio Romano” è costituita dalla carne e parti dell’animale di agnelli maschi e femmine appartenenti ai tipi genetici più diffusi nell’area geografica di cui all’art. 3: razza Sarda e suoi incroci, Comisana e suoi incroci, Sopravvissana e suoi incroci, Massese e suoi incroci, Merinizzata Italiana e suoi incroci. Gli agnelli vengono macellati tra 28 e 40 gg. di età Gli agnelli sono distinti secondo quanto previsto dai regolamenti comunitari, nella seguente tipologia: - Agnello “da latte” (sino ai 8 kg di peso morto) Metodo di allevamento Gli agnelli sono allevati allo stato brado e semibrado. E’ consentito, il ricovero in idonee strutture il cui stato igienico-sanitario garantisca il benessere degli animali, con particolare riguardo al buon grado di aerazione, illuminazione naturale e pavimentazione. Gli agnelli devono essere nutriti con latte materno (allattamento naturale). E’ consentita l’integrazione pascolativa di alimenti naturali ed essenze spontanee. Le pecore matricine usufruiscono di pascoli naturali, prati-pascolo ed erbai tipici dell’area geografica di produzione di cui all’art. 3. E’ ammesso il ricorso all’integrazione con foraggi secchi e con concentrati, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi e di organismi geneticamente modificati. Gli agnelli e le pecore matricine non devono essere soggetti a forzature alimentari, a stress ambientali e/o sofisticazioni ormonali, finalizzate ad incrementare la produzione. Nel periodo estivo, è consentita la tradizionale pratica della monticazione. Macellazione Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE DEL MONDO RURALE DIREZIONE GENERALE DELLO SVILUPPO AGROALIMENTARE E LA QUALITA’ SAQ VII 4 L’attività di macellazione, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, dovrà avvenire entro 24 ore dal conferimento al mattatoio, mediante recisione netta della vena giugulare, a cui segue lo spellamento e la contemporanea recisione delle zampe anteriori e posteriori. La carcassa che ne deriva, dovrà essere liberata dell’apparato intestinale, ivi compresa l’asportazione della cistifellea dal fegato, il quale deve restare integro all’interno della carcassa unitamente alla coratella. Nella fase successiva la carcassa dovrà essere condizionata secondo le tradizionali procedure con il peritoneo aderente alla carcassa. La carcassa di “Abbacchio Romano” deve presentare alla macellazione le seguenti caratteristiche: - Peso carcassa a freddo, senza pelle, con testa e corata: massimo 8 kg; - Colore della carne: rosa chiaro (il rilievo va fatto sui muscoli interni della parete addominale); - Consistenza delle masse muscolari: solida (assenza di sierosità); - Colore del grasso: bianco; - Consistenza del grasso: solido (il rilievo va fatto, sulla massa adiposa che sovrasta l’attacco della coda, a temperatura ambiente di 18-20°C); - Copertura adiposa: moderatamente coperta la superficie esterna della carcassa, non eccessivamente i reni. L’agnello designato dall’Indicazione Geografica Protetta “Abbacchio Romano”, può essere immesso al consumo intero e/o porzionato secondo i tagli che seguono: - Intero; - Mezzena: ricavata mediante il taglio sagittale della carcassa in parti simmetriche; - Spalla; - Coscio; - Costolette; - Testa e coratella (cuore, polmone e fegato) Il porzionamento può essere effettuato anche al di fuori della zona geografica di produzione di cui all’art. 3. Art. 6 Elementi che comprovano il legame con l’ambiente Gli elementi che comprovano il legame con l’ambiente sono rappresentati da: 1.1. Fattori naturali 6.1.1. L’intero territorio della regione Lazio permette, con le proprie caratteristiche pedoclimatiche, quali: - rilievi di varia natura (monti calcarei, vulcanici, colline, pianure alluvionali); - temperatura media annuale variabile tra 13-16°C; - precipitazioni annuali comprese tra valori minimi di 650 mm lungo la fascia litoranea, di 1.000-1.500 mm nelle pianure interne fino ai 1.800- 2.000 mm in corrispondenza del Terminillo e dei Simbruini; di sfruttare le condizione migliori per l’allevamento degli ovini, senza provocare stress all’animale. I fattori naturali consentono alle pecore matricine di utilizzare i prati naturali e prati-pascolo, in modo da conferire particolari qualità al latte destinato all’alimentazione degli agnelli, e di conseguenza alla carne, determinando un sinergismo eccezionalmente favorevole oltre che per la qualità anche per l’omogeneità dei suoi caratteri. 1.2. Fattori Umani Il prodotto Abbacchio Romano ha, fin dai tempi remoti, un forte legame con la ruralità regionale, dimostrato non solo dall’importanza che l’allevamento ovino ha nell’economia e nelle tradizioni dell’intera Regione Lazio, ma anche e soprattutto dalla reputazione che lo stesso ha da sempre dimostrato di possedere presso il consumatore. Infatti, il prodotto, fin dai tempi più antichi, ha una notevole influenza sulla gastronomia regionale. Infatti esso risulta avere un ruolo fondamentale nella cucina romana e laziale, tanto da dare origine a circa cento piatti diversi. A livello sociale questo legame è dimostrato dalle numerose sagre, feste campestri e manifestazioni popolari che hanno come oggetto l'abbacchio romano e che si svolgono su tutto il territorio della Regione Lazio. Particolare è anche l'utilizzo del termine romanesco Abbacchio, che risulta essere univoco. Infatti, dal vocabolario romanesco di Chiappini <si chiama abbacchio il figlio della pecora ancora lattante o da poco slattato; agnello il figlio della pecora presso a raggiungere un anno di età e già due volte tosato. A Firenze non si fa distinzione l'uno e l'altro si chiamano agnello>. Anche una serie di operazioni che vengono eseguite sull'abbacchio sono caratterizzate da una terminologia romanesca quale ad esempio sbacchiatura o abbacchiatura (macellazione degli abbacchi). Gli elementi che comprovano la storia e tradizione del prodotto Abbacchio Romano sono costituiti da: 2. Riferimenti storici, che risalgono a tempi antichissimi: - A Campo Vaccino fin dal 300 si teneva il mercato degli abbacchi, degli agnelli, dei castrati e delle pecore. - Nei regesti farfensi del secolo X troviamo le norme che regolavano gli stazzi ed i ricoveri per gli ovini. - I Papi, dopo la caduta dell'Impero Romano, vietarono alle pecore di pascolare in tutta la Campagna Romana, prima di Sant'Angelo di settembre (29 settembre) ed imposero l'uscita da tutto il territorio, a Sant'Angelo di maggio (3 maggio), quindi il bestiame si rimetteva in movimento per raggiungere i freschi pascoli degli Appennini e sfuggire alla calura estiva. - Nel 17 ottobre 1768 fu emanato un editto firmato dal Cardinale Carlo Rezzonico, per regolare la vendita degli abbacchi. - Padre Zappata nel suo saggio sull'abbacchio, tratto dal volume «Roma che se va» del 1885, descrive le lotte ingaggiate nei secoli precedenti, tra mercanti di campagna che intendevano abbacchiare (uccidere gli abbacchi) ed il governo pontificio che intendeva quanto meno frenare o addirittura proibire l'iniziativa dal mese di settembre fino alla settimana di passione. - La Repubblica romana nel 1798 sanci' la liberta' di abbacchiare- - Trinchieri in «Vita di pastori nella Campagna Romana» anno 1953, scrive che «per un gregge di 4000 pecore occorre una estensione di pascolo di circa 430 rubbia nel periodo invernale, mentre in quello primaverile (dal 16 marzo al 24 giugno) sono sufficienti 400 rubbia». 3. Riferimenti culturali: - Ercole Metalli, nel suo libro «Usi e costumi della campagna romana», anno 1903, mette in risalto, nel descrivere la masseria, che e' «il Buttero, a trasportare a Roma abbacchi»; - Dalla raccolta di usi e di consuetudini vigenti nella provincia di Roma della CCIAA dell'anno 1951, al capitolo X, si mettono in evidenza i modi, le forme di contrattazione, di compra-vendita degli abbacchi; - Nel catalogo-mostra «I nostri 100 anni» documenti fotografici dell'agro romano, troviamo numerose fotografie sulla pastorizia; una in particolare riporta «l'abbacchiara», mezzo utilizzato per il trasporto degli abbacchi morti. 4. Riferimenti statistici: - Nel 1598 furono consumati a Roma 73.000 agnelli - Nel 1629 furono consumati a Roma 165.797 agnelli su di una popolazione che contava 115.000 anime. - Nicola Maria Nicolaj, nella sua stima, dal titolo «Memorie, leggi ed osservazioni sulle campagne e sull'Annona di Roma», Roma 1803, volume III, cap. «Scandaglio della spesa e fruttato di un anno d'una massaria di pecore bianche vissane composta di capi num. 2.500 ... presi i ragguagli sopra diverse massarie dell'Agro Romano ... spese ...introito: rimangano num. 1540 agnelli da vendersi al macello, quali possono valutarsi sc. 1.80 uno per l'altro, che in tutto scudi 2772». - La CCIAA dell'Aquila (1968) nel lavoro «Problemi attuali dell'allevamento ovino in Italia» mette in risalto dati statistici del patrimonio ovino laziale dal 1918 al 1963; - L'Istat con «Indagine nazionale su alcuni aspetti degli allevamenti e delle produzioni ovine», decreto ministeriale del MiPAF 16 dicembre 1971, mette in luce la consistenza e la distribuzione delle razze nel Lazio nel 1971. 5. Riferimenti sociali ed economici, quali la presenza di produttori che da anni effettuano questo tipo di produzione: - la tenuta di Castel di Guido: da una comunicazione tra il direttore dell'azienda e la sede centrale del Pio Istituto viene riportato che nel mese di ottobre del 1969 l'azienda ha consegnato alle dispense ospedaliere 4209 abbacchi, 16 animelle - la tenuta di Castel di Guido: dalla contabilita' di masseria siglata dal Vergaro e dal direttore nel 1958, nel 1960, nel 1965 e nel 1967 si riscontra la produzione e la vendita di abbacchi. 6. Numerose sono le feste campestri, sagre, manifestazioni che si svolgono nei comuni della Regione Lazio: - Dal 1952 si svolge nel comune di Roiate (Roma) la «Sagra dell'Abbacchio Romano»; - Dal 1978 si svolge nel comune di Fiamignano (Rieti) la «Mostra Rassegna Ovina» con degustazione dei prodotti derivati dal latte di pecora. 7. Riferimenti gastronomici: - l'Abbacchio Romano, il giovanissimo agnello lodato da Giovenale con la frase stupenda «... il piu' tenero del gregge, vergine d'erba, piu' di latte ripieno di sangue...» fa parte del repertorio di secondi piatti della cucina tradizionale romana e laziale. Art. 7 Controlli Il controllo sulla conformità del prodotto al presente disciplinare di produzione è svolto, conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. (CE) n. 510/2006, dalla struttura di controllo denominata “Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Roma – Area V – Certificazione di prodotti agroalimentari, con sede in Roma (RM), Via Appia Nuova, 218, tel. +39 0652082051, Fax +39 06 52082493, e-mail: lcm.certificazioneprodotti@rm.camcom.it. Art. 8 Confezionamento ed etichettatura La carne di “Abbacchio Romano” deve essere immessa al consumo provvista di contrassegno, costituito dal logo riportato in calce al presente disciplinare, a garanzia dell’origine e dell’identificazione del prodotto. La marchiatura deve essere effettuata al mattatoio. La carne è posta in vendita al taglio o confezionata, secondo i tagli di cui all’art. 5. La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relative menzioni in conformità alle prescrizioni del normativa comunitaria vigente e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni: - la designazione “Abbacchio Romano” deve essere apposta con caratteri significativamente maggiori, chiari, indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguita dalla menzione Indicazione Geografica Protetta e/o I.G.P; - il nome, la ragione sociale, l’indirizzo dell’azienda produttrice; - il logo deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza della faccia esterna dei tagli; - il logo è costituito da un perimetro quadrato composto da tre linee colorate, verde, bianco e rosso, interrotto in alto da una linea ondulata rossa che si collega ad un ovale rosso all’interno del perimetro e contenente una testa di agnello stilizzata. Il perimetro è interrotto, in basso, dalla scritta a caratteri maiuscoli rossi “I.G.P.”. In basso, all’interno del perimetro quadrato, è riportata l’indicazione del prodotto “ABBACCHIO” in caratteri maiuscoli di colore giallo, e “ROMANO” a caratteri maiuscoli di colore rosso. I riferimenti di colore espressi in pantone sono riportati all’Art.9. È vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista. E’ tuttavia ammesso l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purché questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, dell’indicazione del nome dell’azienda dai cui allevamenti il prodotto deriva, nonché di altri riferimenti veritieri e documentabili che siano consentiti dalla normativa comunitaria, nazionale o regionale e non siano in contrasto con le finalità e i contenuti del presente disciplinare. La designazione “Abbacchio Romano ” deve figurare in lingua italiana. Art. 9 Logo | I.G.P. | Carni fresche (e frattaglie) | Lazio | Roma, Frosinone, Viterbo, Latina, Rieti |
Agnello del Centro Italia Agnello del centro italia Disciplinare di produzione del
Agnello del Centro Italia Art. 1 – Denominazione L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) Agnello del Centro Italia è riservata al prodotto rispondente alle condizioni ed ai requisiti del presente disciplinare di produzione. Art. 2 –Caratteristiche del prodotto L’Agnello del Centro Italia si ottiene dalla macellazione degli agnelli, di età inferiore a 12 mesi, in tre tipologie di carcassa che si caratterizzano per il tenore di grasso e la conformazione, così come definito dalla normativa comunitaria vigente: agnello leggero, di peso compreso tra 8,01 e 13,0 kg; stato di ingrassamento nell’ambito delle classi 1; 2; 3 così come definito dalla “Tabella comunitaria di classificazione delle carcasse degli agnelli leggeri”. agnello pesante, di peso pari o superiore a 13,01 kg; conformazione nell’ambito delle classi: U; R; O; stato di ingrassamento nell’ambito delle classi: 2; 3; 4, così come definito dalla “Tabella comunitaria di classificazione delle carcasse di ovini”. castrato, di peso pari o superiore a 20,0 kg; conformazione nell’ambito delle classi: E; U; R; stato di ingrassamento nell’ambito delle classi: 2; 3; 4; così come definito dalla “Tabella comunitaria di classificazione delle carcasse di ovini”. Per l’agnello leggero e pesante è ammesso, inoltre, un possibile condizionamento secondo la tradizione, con il peritoneo aderente ed a chiusura della cavità toracica. Il pH della carne ha un valore compreso tra 6,15 e 6,80 se rilevato dopo il completamento di tutte le procedure di macellazione e prima dell’inizio della refrigerazione delle carcasse; o tra 5,15 e 5,80 se rilevato dalle 24 alle 30 ore dalla macellazione. La misurazione del pH avviene sul muscolo Longissimus thoracis, da eseguirsi in corrispondenza delle porzioni di muscolo che ha come base anatomica le vertebre toraciche dalla decima alla tredicesima. Art. 3 – Zona geografica La zona geografica di allevamento dell’Agnello del Centro Italia comprende i territori delle seguenti regioni: Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, Umbria; Emilia-Romagna limitatamente agli interi territori delle province di Bologna, Rimini, Forlì–Cesena, Ravenna e, parzialmente, ai territori delle province di Modena, Reggio nell’Emilia e Parma, delimitati dal tracciato dell’autostrada A1 Bologna–Milano dal confine della provincia di Bologna all'incrocio con l'autostrada A15 Parma–La Spezia e da quest’ultima proseguendo fino al confine con la regione Toscana. Art. 4 – Prova dell’origine Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevamenti, mattatoi, laboratori di sezionamento/confezionamento, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo della quantità degli agnelli macellati e delle carcasse sezionate, porzionate e confezionate, è garantita la tracciabilità del prodotto. Art. 5 – Metodo di ottenimento del prodotto Materia prima L’Agnello del Centro Italia è costituito dalle carcasse o dalla carne degli agnelli, nati e allevati nella zona geografica di cui all’art. 3 e appartenenti ai seguenti tipi genetici, razze locali e loro incroci: Appenninica, Bergamasca, Biellese, Fabrianese, Merinizzata Italiana, 1 Pomarancina, Sopravissana, Zerasca; Comisana, Cornella Bianca, Cornigliese (Corniglio), Garfagnina Bianca, Gentile di Puglia, Massese, Pagliarola, Pecora delle Langhe. Gli agnelli maschi possono essere sottoposti alla neutralizzazione sessuale. Metodo di allevamento Gli agnelli sono allevati sempre nella stessa impresa zootecnica e devono essere allattati esclusivamente con latte materno fino allo svezzamento. Successivamente la base alimentare è rappresentata da foraggi costituiti da essenze spontanee di prati e di pratipascolo, da leguminose e/o graminacee ottenute nella zona geografica. Sono ammessi integratori minerali e/o vitaminici, mangimi per un massimo di 0.4 kg giornalieri a capo. Macellazione La macellazione degli agnelli, che si effettua attraverso la recisione netta della vena giugulare, deve avvenire entro due giorni dall’uscita dall’allevamento e quando non hanno ancora sviluppato nella dentatura, neppure allo stadio iniziale, gli incisivi permanenti. La valutazione della carcassa viene effettuata presso il mattatoio dopo la macellazione ed i pesi indicati all’Art. 2 sono constatati “a caldo”. In alternativa è possibile valutare la carcassa ”a freddo”, completata la refrigerazione, tenendo conto in tal caso di un calo ponderale da raffreddamento dell’1% per gli agnelli leggeri e pesanti e del 2% per il castrato. La presentazione di base si ottiene liberando la carcassa dalla pelle e dall’apparato intestinale, ivi compresa l’asportazione della cistifellea e del timo; senza testa, separata dalla carcassa all’altezza dell’articolazione occipito-atlantoide; senza zampe, separate all’altezza delle articolazioni carpo-metacarpiche o tarso-metatarsiche; senza coda, separata a un’altezza compresa fra la sesta e la settima vertebra caudale; senza mammelle e genitali; senza corata, cuore, milza, fegato, diaframma, polmoni, trachea. I rognoni e il grasso di rognone fanno parte della carcassa. Al fine di ricondurre il peso lordo rilevato alla presentazione di base della carcassa e ad esclusione della tipologia “castrato”, nel caso in cui le parti anatomiche della testa, lingua compresa, e/o della corata non siano state separate dalla carcassa, occorre applicare al peso un fattore di correzione dell’8% per la presenza della testa e del 12% per la presenza della corata. Art. 6 – Elementi che comprovano il legame con l’ambiente L’Agnello del Centro Italia gode di una reputazione ormai consolidata a partire dal 1961 e trova la sua prima traccia in un documento del settembre di quell’anno pubblicato dall’Associazione Nazionale della Pastorizia, nell’ambito della Rassegna Interregionale ovina che si tenne a Castelluccio di Norcia (Perugia), in cui veniva enunciato che <<obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita delle zone montane conferendo ad esse le premesse indispensabili per lo sviluppo della pastorizia e dell’agnello del centro Italia in particolare.>> Ulteriore prova di tale reputazione si riscontra negli Atti del primo incontro organizzato dall’Associazione Nazionale della Pastorizia, a Verona, nel 1976, su “Problemi e prospettive dell’Allevamento ovino e caprino in Italia”. Nell’intervento di un allevatore si evidenziava che <<In Umbria noi abbiamo, oltre alla razza Sopravissana, presente soprattutto nelle zone di Norcia e di Spoleto, l’Appenninica, che sono due razze autoctone da cui si ottiene l’agnello del Centro Italia.>> Nel medesimo documento si riportava l’intervento del rappresentante degli allevatori dell’Umbria, il quale, evidenziando una diminuzione dei capi ovini allevati, rimarcava che <<I territori interessati a questo fenomeno sono quelli vocati e vasti ed appartengono all’ampia fascia dell’Italia centrale dove, tra l’altro, veniva praticata al massimo la transumanza data la ingente disponibilità di prati-pascoli naturali; si tratta di Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo, Romagna e Toscana.>> Il rappresentante auspicava altresì <<di dover utilizzare al massimo quei corredi genetici di cui disponiamo. Rimane poi da attuarsi l’incrocio di prima generazione tanto da consentire che arieti di alcune razze da carne possano, accoppiati con una designata parte di pecore anche Sopravissane, e dar luogo alla produzione di un agnello del Centro Italia (sia leggeri 15 – 25 kg che pesanti oltre i 25 kg) ancora più ricco di carne.>> Dopo aver sollecitato interventi tecnici, che affiancassero gli allevatori, cosicché <<il consumatore potrà rinnovare la fiducia all’agnello del Centro Italia, come risultato della managerialità dei nostri allevatori e dell’ambiente di produzione che in combinazione con le caratteristiche genetiche delle razze locali e agli interventi tecnicoscientifici, determineranno senz’altro un riflesso sul prodotto venduto e una auspicabile maggiore remunerazione al produttore.>> Inoltre, veniva segnalato un <<errore che si sta diffondendo a danno del consumatore e anche degli allevatori e il mio riferimento va al “castrato” ottenuto dall’agnello del Centro Italia, un eccellente prodotto, che come la nostra migliore tradizione prevede, deve derivare da animali di massimo un anno di età, da cui si ottiene una carcassa di peso medio di 25 kg. Ora, purtroppo, si va diffondendo, presso molte macellerie, la vendita di pecore di fine carriera spacciandole al consumo come castrato di agnello del Centro Italia. Questo fatto ha portato ad una disaffezione anche dei consumatori tradizionali, un danno economico agli allevatori, che producono, seppure in quantità limitata questo prodotto, spesso su ordinazione, di associazioni e pro loco che organizzano sagre paesane.>> In un documento tecnico ed economico predisposto dalla Federazione Nazionale Pastori per i partecipanti all’assemblea generale del 1981, intitolato “Per lo sviluppo dell’Ovinicoltura italiana”, veniva elencato come tra <<I principali prodotti della produzione italiana di carne ovina macellata in carcassa sono: 1) … 2) l’agnello del Centro Italia (leggero – pesante) di peso carcassa da 8 a 12 ed oltre 12 kg.>> In una pubblicazione realizzata dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Teramo del 1988, relativa al “XI Convegno sulla pastorizia e problemi delle zone montane del Teramano”, il responsabile dell’Ispettorato Agrario auspicava nel suo intervento “Pastorizia: comparto trainante per l’economia agricola provinciale” che <<per valorizzare il prodotto, oltre ad incrementare e migliorare le produzioni unitarie, è necessario arrivare alla qualificazione dello stesso, assoggettandolo a controllo in azienda e al riconoscimento della tipicità d’origine dell’agnello del Centro Italia con marchio di garanzia.>> La Federazione Nazionale Pastori, al fine di incrementare la reputazione presso il consumatore anche dell’agnello del Centro Italia, propose una campagna promo–pubblicitaria che per la sua realizzazione fu meritevole di una partecipazione finanziaria del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, il cui importo a copertura parziale, deliberato con il Decreto Ministeriale n. 1937 del 30 dicembre 1987 “Campagna promozionale per la valorizzazione e il consumo delle carni ovi-caprine”, ammontava pari a circa 500.000.000 di Lire. Tale campagna, attivata nel 1988, era caratterizzata dallo slogan “…non solo durante le feste” posto sotto l’immagine stilizzata di un abete (sbarrato), e invitava il consumatore a prendere in considerazione l’acquisto dell’agnello del centro Italia anche in altri periodi, con lo slogan <<L’agnello del centro Italia prodotto di qualità, buono tutto l’anno>>. Tali slogan sono stati pubblicati su quotidiani, ricettari, manifesti affissi sulle fiancate di autobus urbani; palloni aerostatici ancorati nei pressi di fiere e manifestazioni nazionali. La campagna prevedeva anche dei comunicati da mettere a disposizione della stampa, in cui si evidenziava, come <<Il consumo delle carni ovi-caprine è in Italia incredibilmente contenuto. Infatti, nonostante siano da tempo note le qualità nutritive e le garanzie di genuinità del prodotto, esso è per lo più orientato nella stagione invernale e nelle occasioni natalizie e pasquali … quelli a maggior resa in carne come l’agnello del Centro Italia, …, trionfano incontrastati. Detto per inciso, non si comprende come mai la carne prescelta per le occasioni più importanti resti negletta per lunghi periodi.>> Nell’informativa “Mangiare in ecologia: l’impegno della Federpastori per un maggior consumo delle carni ovi-caprine” si affermava che <<Va inoltre considerato che un ulteriore incremento degli insediamenti degli allevamenti ovi-caprini potrebbe rilevarsi estremamente utile dal punto di vista socio-economico ... sono regioni in cui la tradizione pastorale è ancora forte, nonostante non siano state risparmiate dal fenomeno dell’esodo … eppure sono queste zone marginali, ma non interessate dall’inquinamento che tanti danni sta causando alla nostra agricoltura, le più ricche di insediamenti di allevamenti ovi-caprini ed anche le più adatte al loro incremento … condizione di base per lo sviluppo di un prodotto italiano qualitativamente eccellente, come testimonia l’apprezzamento manifestato dai consumatori nei confronti … dell’agnello del Centro Italia.>> In occasione del convegno interregionale tenutosi ad Ancona nel novembre 1990 <<Riscopriamo l’agnello del Centro Italia. Nella cucina e nell’alimentazione>>, promosso dall’Associazione Produttori Ovini di Ancona, dalla Federazione Nazionale Pastori e dall’Unione Nazionale fra le Associazioni dei Produttori Ovi-Caprini, nell’intervento programmato dal titolo “Agnello del Centro Italia: prodotto di qualità buono tutto l’anno”, si affermava che <<Questa occasione rappresenta una tappa importante per la crescita delle organizzazioni che operano nel settore e per gli allevatori associati, data l’ampia zona coinvolta (sei Regioni) e per le caratteristiche di un prodotto molto apprezzato dai consumatori, come l’agnello del Centro Italia, che purtroppo soffre una forte concorrenza da parte dei prodotti di importazione immessi sul mercato locale a prezzi notevolmente ribassati rispetto a quanto gli allevatori del Centro Italia possono offrire, tenuto conto dei sempre crescenti costi di produzione.>> Si ribadiva inoltre come: <<L’agnello del Centro Italia è un prodotto che, come sappiamo, è venuto emergendo come fatto distintivo della produzione agricola locale … infatti l’agnello del Centro Italia si differenzia per il fatto di provenire da soggetti ad attitudine produttiva carne e proprio perciò si ottiene un’alta resa alla macellazione, caratteristica questa che il consumatore apprezza maggiormente.>> L’Agnello del Centro Italia ha trovato un supporto organizzativo e promozionale anche in istituzioni tecnico-scientifiche e nella distribuzione tradizionale delle macellerie ed in questo contesto è maturata la convinzione che un marchio di origine fosse la strada da seguire per valorizzare questa produzione tipica. A tale riguardo il prof. Domenico Maria Sarti, della Facoltà di Agraria di Perugia, nell’ambito del convegno tenutosi a Bastia Umbra il 28 marzo 1992, sugli “Aspetti quanti-qualitativi delle produzioni ovi-caprine”, divulgò un marchio “Agnello del Centro Italia”, già sperimentato fin dal dicembre ’91. Tale proposta fu recepita anche dall’Associazione Provinciale Pastori Coltivatori Diretti di Perugia e dalla Società cooperativa Commissionaria Esercenti Macellai Acquisti Collettivi di Perugia, entrambe le quali nel 1993, instaurarono – attraverso la stipula di un accordo quadro di fornitura, in cui veniva riconosciuta la qualità del prodotto negli allevamenti tradizionali del centro Italia – una collaborazione finalizzata anche ad una riconoscibilità della carcassa. Infatti, nel punto 4 dell’accordo si conveniva che: <<Ogni carcassa di agnello deve essere individuata con una fascetta numerata e riportante la dicitura: “Una rinnovata tradizione nell’agnello del centro Italia”>>. Sempre sullo stesso accordo, al punto 7, si conveniva che <<… il prezzo degli agnelli verrà stabilito con cadenza quindicinale sulla base della media dei prezzi delle rispettive categorie/peso vivo – riportata dal mercuriale delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Grosseto, Perugia, Macerata e L’Aquila – ed incrementata del 20%.>> Al punto 10, inoltre, si precisa che <<… l’esercente è tenuto a presentare separatamente il prodotto oggetto del presente accordo e darne divulgazione al cliente consumatore con cartelloni, adesivi e con locandine pubblicitarie.>> L’anno successivo venne sottoscritto un ulteriore accordo quadro di fornitura simile al primo e valevole fino al 31 dicembre 1995, integrato con un sistema di marchiatura tramite un logo rappresentante un agnello stilizzato e parzialmente circoscritto dalla dicitura “Agnello del Centro Italia”. La stessa denominazione ricorre nelle locandine promozionali relative a numerose sagre di ovini che si sono svolte in diverse località dell’Italia centrale a partire dall’anno 2000, in cui la Federpastori consigliava, al consumatore, l’Agnello del Centro Italia circondando il proprio logo con la denominazione stessa. Nel 2004 e nel 2005 sono stati stipulati due accordi di filiera, tra Ovinmarche e Bovinmarche, nelle cui premesse si <<intende valorizzare l’agnello ottenuto da razze e tipi genetici fortemente radicate nel centro Italia … e dagli incroci da carne “di seguito definito “Agnello del Centro Italia”>>. Inoltre, al punto 2 si conviene di suddividere il peso vivo <<compreso da 16 a 25 kg ed agnelli di oltre 25 kg, castrato dal peso vivo compreso da 40 a 60 kg.>> Nel marzo 2004, a Bastia Umbra, in occasione della XXXVI edizione Agriumbria, è stato organizzato il convegno: “Stato dell’arte dell’I.G.P. Agnello del Centro Italia e sviluppi futuri”. Il prof. Domenico Maria Sarti, nella sua relazione <<L’I.G.P. a tutela della produzioni dell’agnello da carne tipico delle Regioni dell’Italia centrale>> poneva in risalto nella premessa le <<cause che concorrono a relegare il mercato delle nostre carni ovine in una specie di “terra di nessuno” in cui chiunque è libero di entrare con prodotti privi di concrete garanzie sull’origine e sulle caratteristiche qualitative e troppo spesso spacciandoli al consumo come agnello del centro Italia.>>. Dopo un excursus storico sulle diverse fasi organizzative e promozionali dell’agnello del Centro Italia, presentava alcuni elementi per una proposta di disciplinare, raccomandando inoltre di <<accelerare i tempi per attivare la procedura di riconoscimento dell’IGP Agnello del Centro Italia, per valorizzare sul piano economico questo patrimonio ovino costituito da soggetti chehanno raggiunto ottimi standard qualitativi di prodotto e performance di incrementi ponderali.>> Ulteriori partecipazioni del Comitato promotore IGP Agnello del Centro Italia alla manifestazione di Agriumbria, sono avvenute nel 2005, nel 2007 e nel 2008. In quest’ultima edizione (la XL) venne organizzata la Tavola rotonda <<L’agnello del centro Italia: una rinnovata proposta della tradizione>>, promossa fra l’altro dal Dipartimento di Biologia applicata dell’Università degli Studi di Perugia, anche dalle organizzazioni di categoria degli allevatori e dalla Federazione Nazionale Macellai. Nella stesso ambito si tennero, con ampia partecipazione di visitatori, le prove di assaggio della carne di Agnello del Centro Italia. La reputazione della denominazione è ulteriormente sostenuta da una copiosa documentazione commerciale di fatture a partire dall’anno 1994, provenienti da numerosi Comuni della zona di produzione. Specificità Il prodotto è ottenuto da razze e da incroci da carne fortemente radicate nell’ areale di produzione e alcune di esse traggono il loro nome dalle realtà ove hanno manifestato il miglior adattamento all’ambiente e performance produttiva. Questo profondo legame del patrimonio genetico, derivante da una razza detta genericamente “appenninica” ed utilizzato per l’ottenimento della carne di Agnello del centro Italia, ha permesso il maggior vantaggio di questi ovini nell’accrescimento rispetto ad altre razze /tipi genetici allevati in zona. Il sistema di allevamento, si svolge all’aperto, per almeno 8 mesi l’anno e ciò permette di fare ricorso – anche con la pratica della transumanza – all’estesa disponibilità di pascoli ricchi di varietà vegetali pabulari, di cui alcune endemiche della zona, grazie a vaste superfici incluse in parchi/aree protette e ad una gestione ottimale di pratiche agricole; mentre si differenzia da altri indirizzi produttivi o da realtà maggiormente siccitose, in cui il ricorso a mangimi e concentrati proteici è molto elevato. Inoltre, la nota managerialità degli allevatori dell’Agnello del Centro Italia e la continua selezione dei capi finalizzata al miglioramento della qualità e della produttività, assicurano una costante specificità che si è concretizzata anche in un rapido accrescimento ponderale. E’ noto che quest’ultima specificità dell’Agnello del Centro Italia condiziona positivamente, ed in particolare, altre due caratteristiche: la tenerezza della carne e una migliore resa alla macellazione riconosciuta economicamente al produttore dal commercio. L’accrescimento rapido va a vantaggio dei tessuti che si sviluppano precocemente, presentando un rapporto carne/ossa, una adiposità totale ed un contenuto in lipidi maggiore rispetto a quelli che si accrescono in maniera più lenta. Inoltre, la misurazione del pH, alla macellazione o tra le 24 e le 30 ore dalla macellazione, rileva come queste caratteristiche vengono mantenute anche a seguito della macellazione e del raffreddamento delle carni. Art. 7 – Controlli Il controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare è effettuato da un organismo conforme a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. (CE) N. 510/2006: Agroqualità S.p.A., Piazza G. Marconi n. 25 – 00144 Roma; Tel. 06/54228675; Fax 06/54228692; E-mail: agroqualita@agroqualita.it. Art. 8 – Etichettatura Le carcasse vengono identificate secondo una procedura articolata in due parti. La prima parte della procedura di identificazione consiste nell’apporre sulle carcasse – mediante un rullo stampigliatore – la sigla “A C” che percorre ininterrottamente e in senso longitudinale ciascun lato della carcassa dalla punta della natica, passando sopra la coscia, i lombi, il costato, oltrepassando la punta della spalla. La stampigliatura della metà destra prosegue fino alla regione del collo ed eventualmente della testa, se presente. Le specifiche tecniche della sigla “A C” sono le seguenti: Corpo carattere: 16 pt – Carattere: Mangal in lettere 5 maiuscole – Colore: monocromatico rosso – Interlinea: 31 pt – Distanza tra i caratteri A e C: 4,25 pt. La seconda parte consiste nell’applicazione di due fascette non riutilizzabili, riportanti il logo della denominazione, la data di macellazione, il codice alfanumerico progressivo e, nell’ultima posizione di questo, una tra le seguenti lettere in maiuscolo: L per agnello leggero; P per agnello pesante; C per castrato. Tali fascette avvolgono la tibia sinistra e destra di ciascuna carcassa e sono poste al di sotto dei rispettivi tendini. Possono essere integrate anche da un codice identificativo elettronico (microchip) o da un Bar Code. Il colore delle fascette è bianco per la tipologia agnello leggero, giallo per l’agnello pesante, marrone per il castrato. Sulle fascette di colore giallo e marrone la data ed il codice alfanumerico, eventualmente accompagnato dal Bar Code, sono riportate all’interno di due spazi rettangolari a sfondo bianco. La carne è posta in vendita al consumo a partire da carcasse intere; da mezzene ottenute da tagli sagittali della carcassa in parti simmetriche; da quarti anteriori e posteriori; da sesti anteriori e posteriori; da lombi; in tagli interi o affettati. Le carni destinate al confezionamento sotto forma di tagli interi o affettati, nella fase di vendita sono poste in contenitori sigillati. Le confezioni devono essere composte dalla medesima tipologia di prodotto prevista nell’Art. 2. Le carni di Agnello del Centro Italia, devono essere commercializzate provviste di etichetta. L’etichetta utilizzata deve riportare le seguenti informazioni: logo dell’Agnello del Centro Italia; la tipologia del prodotto (Leggero – Pesante – Castrato); simbolo grafico comunitario. Il logo della denominazione, rappresenta il profilo stilizzato della testa e del collo di agnello, in colore bianco, posto su uno sfondo ovale, in colore verde, circoscritto sul bordo medio e alto dalla dicitura, di colore rosso, “I.G.P. AGNELLO del CENTRO ITALIA”. Le specifiche tecniche del logo sono le seguenti: lunghezza 14 cm; altezza 8,2 cm; corpo carattere scritta “I.G.P. AGNELLO del CENTRO ITALIA” 31pt; carattere Helvetica Neue Black in lettere maiuscole ad esclusione della preposizione “del”, la cui scritta è in minuscolo. Colori: pant 348 per il verde scomposizione in quadricromia; pant 186 per il rosso scomposizione in quadricromia. Sulla fascetta di colore bianco è apposto il logo a colori o il logo in positivo: Logo in positivo | I.G.P. | Carni fresche (e frattaglie) | Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, Umbria, Emilia-Romagna | Pescara, Chieti, Teramo, L'Aquila, Frosinone, Latina, Rieti, Roma, Viterbo, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino, Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena, Perugia, Terni, Bologna, Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, Modena, Reggio Emilia, Parma |
Agnello di Sardegna Agnello di Sardegna DISCIPLINARE DI PRODUZIONE
I.G.P. “AGNELLO DI SARDEGNA” Art. 1 Denominazione L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) "Agnello di Sardegna" è riservata esclusivamente agli agnelli nati, allevati e macellati in Sardegna che siano in regola con le norme dettate dal presente disciplinare di produzione e identificazione. Art. 2 Zone di produzione L’area destinata all’allevamento dell’Agnello di Sardegna comprende tutto il territorio della Regione Sardegna idoneo ad ottenere un prodotto con caratteristiche qualitative rispondenti al presente disciplinare. Art. 3 Metodologia di allevamento L’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) “Agnello di Sardegna” è riservata agli agnelli allevati in un ambiente del tutto naturale, caratterizzato da ampi spazi esposti a forte insolazione, ai venti ed al clima della Sardegna, che risponde perfettamente alle esigenze tipiche della specie. L’allevamento avviene prevalentemente allo stato brado; solo nel periodo invernale e nel corso della notte gli agnelli possono essere ricoverati in idonee strutture dotate di condizioni adeguate per quanto concerne il ricambio di aria, l’illuminazione, la pavimentazione, gli interventi sanitari e i controlli. L’Agnello non deve essere soggetto a forzature alimentari, a stress ambientali e/o a sofisticazioni ormonali. Gli Agnelli devono essere nutriti esclusivamente con latte materno (nel tipo “da latte”) e con l’integrazione pascolativa di alimenti naturali ed essenze spontanee peculiari dell’habitat caratteristico dell’isola di Sardegna. I soggetti dovranno essere identificati, non oltre venti giorni dalla nascita, con sistemi manuali, ottici o elettronici in grado di garantire la rintracciabilà del prodotto nel rispetto della normativa vigente. Gli stessi sono distinti secondo quanto previsto dai regolamenti comunitari, nelle seguenti tipologie: a) Agnello di Sardegna “da latte” (5 - 7 Kg) Nato ed allevato in Sardegna, proveniente da pecore di razza sarda, alimentato con solo latte materno (allattamento naturale), macellato a norma di legge e rispondente alle seguenti caratteristiche : peso carcassa a freddo, senza pelle e con testa e corata 5/7 Kg.; colore della carne: rosa chiaro (il rilievo va fatto sui muscoli interni della parete addominale); consistenza delle masse muscolari: solida (assenza di sierosità); colore del grasso: bianco ; copertura adiposa: moderatamente coperta la superficie esterna della carcassa; coperti, ma non eccessivamente, i reni; consistenza del grasso: solido (il rilievo va fatto sulla massa adiposa che sovrasta l'attacco della coda, ed a temperatura ambiente di 18 – 20° C). b) Agnello di Sardegna “leggero” (7 - 10 kg) Nato ed allevato in Sardegna, proveniente da pecore di razza sarda o mediante incroci di prima generazione con razze da carne Ile De France e Berrichon Du Cher, o altre razze da carne altamente specializzate e sperimentate, alimentato con latte materno e integrato con alimenti naturali (foraggi e cereali) freschi e/o essiccati; macellato a norma di legge e rispondente alle seguenti caratteristiche: peso carcassa a freddo, senza pelle con testa e corata 7/10 Kg; colore della carne: rosa chiaro o rosa; consistenza delle masse muscolari: solida (assenza di sierosità); colore del grasso: bianco ; copertura adiposa: moderatamente coperta la superficie esterna della carcassa; coperti, ma non eccessivamente, i reni; consistenza del grasso: solido (il rilievo va fatto sulla massa adiposa che sovrasta l'attacco della coda, ed a temperatura ambiente di 18 – 20° C). c) Agnello di Sardegna “da taglio” (10 - 13 kg) Nato ed allevato in Sardegna, proveniente da pecore di razza sarda o mediante incroci di prima generazione con razze da carne Ile De France e Berrichon Du Cher, o altre razze da carne altamente specializzate e sperimentate, alimentato con latte materno e integrato con alimenti naturali (foraggi e cereali) freschi e/o essiccati; macellato a norma di legge e rispondente alle seguenti caratteristiche : peso carcassa a freddo, senza pelle e con testa e corata 10/13 Kg; colore della carne: rosa chiaro o rosa; consistenza delle masse muscolari: solida (assenza di sierosità); colore del grasso: bianco o bianco paglierino; copertura adiposa: moderatamente coperta la superficie esterna della carcassa; coperti, ma non eccessivamente, i reni; consistenza del grasso: solido (il rilievo va fatto sulla massa adiposa che sovrasta l'attacco della coda, ed a temperatura ambiente di 18 – 20° C). Art. 4 Caratteristiche chimico-fisiche-organolettiche L’Agnello per aver diritto alla Indicazione geografica protetta (I.G.P.), tenuto conto degli elementi descrittivi di cui all’art. 4 del Regolamento CE n. 510/2006, e dei precedenti articoli contenuti nel presente disciplinare deve rispondere alle seguenti caratteristiche chimico-fisiche: pH maggiore di 6 Proteine (sul tal quale) compreso tra 13 – 20 % Estratto etereo (sul tal quale) inferiore al 3% Deve inoltre rispondere a caratteristiche visive: la carne deve essere bianca, di fine tessitura, compatta ma morbida alla cottura e leggermente infiltrata di grasso con masse muscolari non troppo importanti e giusto equilibrio fra scheletro e muscolatura rispondenti alle tradizionali caratteristiche organolettiche. L’esame organolettico deve evidenziare caratteristiche quali la tenerezza, la succulenza, il delicato aroma e la presenza di odori particolari tipici di una carne giovane e fresca. Per le caratteristiche microbiologiche si rimanda alla normativa vigente in materia. Art. 5 Macellazione Per l’attività di macellazione, ferma restando la normativa nazionale e comunitaria, dovrà essere seguita la seguente procedura: la macellazione deve avvenire entro 24 ore dal conferimento al mattatoio, mediante recisione netta della vena giugulare, si procede poi allo spellamento e contemporanea recisione delle zampe anteriori e posteriori. Successivamente la carcassa derivante dovrà essere liberata dell’apparato intestinale ivi compresa l’asportazione della cistifellea dal fegato il quale deve restare integro all’interno della carcassa unitamente alla coratella. Nella fase successiva la carcassa dovrà essere condizionata secondo le tradizionali procedure con il peritoneo aderente alla carcassa. Art. 6 Caratteristiche al consumo L’agnello designato dall’Indicazione Geografica Protetta “Agnello di Sardegna”, può essere immesso al consumo intero e/o porzionato secondo i tagli che seguono : a) Agnello di Sardegna “da latte” (5 - 7 Kg) 1. intero; 2. mezzena: ricavata mediante il taglio sagittale della carcassa in parti simmetriche; 3. quarto anteriore e posteriore; (intero o a fette) 4. testa e coratella; 5. spalla, coscia, carrè; (parti anatomiche intere o a fette) 6. confezione mista; (composizione mista ricavata da parti anatomiche precedentemente descritte). b) Agnello di Sardegna “leggero” (7-10 Kg) e Agnello di Sardegna “da taglio” (10-13 Kg): 1. intero; 2. mezzena : ricavata mediante il taglio sagittale della carcassa in parti simmetriche; 3. quarto anteriore e posteriore; (intero o a fette) 4. testa e coratella; 5. culotta: comprendente le due coscie intere compresa la “sella” (destra e sinistra); 6. sella inglese : composta dalla parte superiore dorsale, comprendente le due ultime coste e le pareti addominali; 7. carrè : comprendente parte dorsale superiore – anteriore; 8. groppa : comprendente i due mezzi rosbif; 9. casco : comprende le spalle, le costole basse, il collo e le costolette alte della parte anteriore; 10. farfalla : comprende le due spalle unite al collo; 11. cosciotto : comprende la gamba, la coscia, la regione ileo-sacrale e la parte posteriore dei lombi; 12. cosciotto accorciato : comprende le membra posteriori della regione ileo sacrale e la parte posteriore dei lombi. Altri tagli : 13. sella; comprendente la regione ileo-sacrale con o senza l’ultima vertebra lombare; 14. filetto: comprende la regione lombare; 15. Carrè coperto: parte dorsale superiore comprendente le prime e le seconde costole; 16. Carrè scoperto; parte anteriore composta dalle prime 5 vertebre dorsali; 17. Spalla: intero; 18. colletto; comprende la regione del collo; 19. costolette alte; comprende la regione toracica inferiore; 20. spalla, coscia, carrè; (parti anatomiche intere o a fette) 21. confezione mista; (composizione mista ricavata da parti anatomiche precedentemente descritte) Art. 7 Controlli Il controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare di produzione è svolto da una struttura di controllo conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Regolamento (CE) n. 510/2006. Art. 8 Designazione e presentazione Le operazioni di preparazione e condizionamento dei tagli dell’Agnello di Sardegna devono essere effettuate nell’ambito regionale. Per la vendita delle carcasse intere di agnelli, in principio nella zona di produzione non è proposto alcun condizionamento particolare, le carcasse possono essere commercializzate intere, nel rispetto delle norme igienico sanitarie vigenti, ed utilizzando mezzi di trasporto frigo adeguati. Sulle confezioni delle carcasse intere e/o porzionate contrassegnate con l’I.G.P., o sulle etichette apposte sui medesimi devono essere riportate, a caratteri chiari ed indelebili, le indicazioni previste dalle norme in materia. In particolare le confezioni realizzate con il sottovuoto o con altri sistemi consentiti dalla legge, dovranno recare: a – gli estremi della I.G.P. “Agnello di Sardegna” ed il logo; b - la tipologia delle carni; c – la denominazione del taglio. All’Indicazione Geografica Protetta è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi: fine, scelto, selezionato, superiore, genuino. E’ tuttavia consentito l’uso di menzioni geografiche aggiuntive veritiere, come nomi storico-geografici, nomi di comuni, tenute, fattorie, e aziende, con riferimento all’allevamento, alla macellazione e al condizionamento del prodotto, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. Dette eventuali menzioni devono essere riportate in etichetta in dimensione pari ad un terzo rispetto ai caratteri con cui viene trascritta l’I.G.P. Il logo stilizza un agnellino del quale viene evidenziata la testa e una zampa. Il contorno esterno ha la forma della Sardegna. Il carattere tipografico utilizzato per il logotipo “Agnello di Sardegna” è il Block. La cornice del marchio stesso e dell’agnellino riportano il Pantone 350 (cyan 63% - giallo 90% - nero 63%); lo sfondo del marchio riporta il Pantone 5763 (cyan 14% - giallo 54% - nero 50%). Art. 9 Prova dell’origine Ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, macellatori e dei condizionatori, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo del numero di agnelli nati, allevati, macellati sezionati e condizionati, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo. | I.G.P. Agnello di Sardegna [embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=vB9OdChNusE[/embedyt] | Carni fresche (e frattaglie) | Sardegna | Cagliari, Nuoro, Oristano, Sassari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio |
Cinta Senese Cinta Senese La presente scheda riepilogativa presenta a fini informativi gli elementi principali del disciplinare.
1. Servizio competente dello Stato membro: Nome: Ministero delle Politiche Alimentari Agricole e Forestali Indirizzo: Via XX Settembre 20 00187 Roma RM ITALIA Tel. +39 0646655104 Fax +39 0646655306 E-mail: saco7@politicheagricole.it 2. Associazione: Nome: Consorzio per la Tutela della Cinta Senese Indirizzo: Strada di Cerchiaia 41/4 53100 Siena SI ITALIA Tel. +39 0577389513 Fax +39 0577389513 E-mail: cinta-senese@libero.it Composizione: produttori/trasformatori ( X ) altro ( ) 3. Tipo di prodotto: Classe 1.1. Carni fresche (e frattaglie). 4. Disciplinare: [sintesi dei requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 510/2006]. 4.1. Nome: «Cinta Senese». 4.2. Descrizione: La denominazione di origine protetta «Cinta Senese» è riservata alle carni provenienti da suini da carne di razza cinta senese allevati allo stato brado/semi-brado e derivanti da soggetti provenienti da accop piamenti di suini entrambi iscritti nel Registro Anagrafico e/o Libro Genealogico del tipo genetico «Cinta Senese». All’atto dell’immissione al consumo, la carne DOP «Cinta Senese» deve presentare le seguenti caratteristiche fisico-chimiche (per g 100 di carne edibile — 24 ore post mortem): contenuto in acqua non superiore al 78 %; contenuto in grassi non inferiore al 2,5 % (riferito al muscolo longissimus dorsi), pH 45 (pH misurato a 45 minuti post mortem): da 6 a 6,5. Deve presentare, inoltre, le seguenti caratteristiche visive-organolettiche: colore rosa acceso e/o rosso; tessitura fine; consistenza compatta, leggermente infiltrata di grasso, tenera, succulenta con aroma della carne fresca. 4.3. Zona geografica: La zona di produzione comprende tutto il territorio della regione Toscana fino ad un’altitudine di 1 200 metri slm altitudine oltre la quale le condizioni ambientali risultano sfavorevoli all’allevamento. 4.4. Prova dell’origine: Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input (prodotti in entrata) e gli output (prodotti in uscita). In questo modo e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dall’organismo di controllo, degli allevatori, macellatori, sezionatori, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità e rintracciabilità (da monte a valle della filiera di produzione) del prodotto. Per quanto riguarda gli alimenti somministrati agli animali, la provenienza dalla zona geografica di produzione è attestata da apposita documentazione rilasciata dai fornitori agli allevatori. Gli allevatori quindi, mediante appropriate registrazioni interne dovranno dare evidenza del rispetto di quanto previsto al punto 4.5. La documentazione fornita dai fornitori e le registrazioni interne degli allevatori devono essere consultabili dall’organismo di controllo in sede di verifica. Inoltre, i suini devono essere identificati non oltre 45 giorni dalla nascita, mediante l’apposizione sulle orecchie di idoneo segno distintivo (fascetta o bottone auricolare) indicante il codice di identificazione del soggetto idoneo. È consentito l’utilizzo di colorazioni diverse per il segno distintivo, qualora sussista la necessità di identificare il soggetto destinato alla eventuale carriera riproduttiva da quelli destinati alla macellazione. Subito dopo la macellazione è posto il marchio a fuoco sulle mezzene ed il contrassegno su tagli e porzioni destinati al consumo. L’apposizione del marchio a fuoco e/o del contrassegno devono essere effettuati rispettivamente nell’impianto di macellazione e/o sezionamento. Tutte le persone, sia fisiche che giuridiche, iscritte nei rispettivi elenchi, saranno assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo. 4.5. Metodo di ottenimento: I soggetti destinati alla macellazione devono essere allevati allo stato brado/semi brado a partire dal quarto mese di vita. Il limite massimo di capi allevabili è di kg 1 500 peso vivo per ettaro. I suini devono soggiornare quotidianamente in appezzamenti di terreno sia recintati che non, provvisti di eventuale ricovero per le ore notturne e/o per le condizioni climatiche sfavorevoli. I riproduttori possono essere ricoverati in apposite strutture (stalle) nel periodo di accoppiamento, pre e post parto per favorire i controlli sanitari ed i parti. L’alimentazione è fornita dal pascolo in bosco e/o in terreni nudi seminati con essenze foraggere e cerealicole. È consentito l’impiego di una integrazione alimentare giornaliera, che costituisce, per i suini oltre il quarto mese di vita, una parte della razione giornaliera ammessa non superiore al 2 % del peso vivo dell’animale. Solo ed esclusivamente in presenza o a seguito di condizioni climatiche sfavorevoli al completo utilizzo del pascolo o del bosco, quali siccità, periodi prolungati di pioggia o di copertura nevosa, è ammessa un’integrazione alimentare giornaliera non superiore al 3 % del peso vivo per garantire un normale sostentamento dell’animale. Differentemente per i suinetti, fino al quarto mese di età, trattandosi di soggetti allevati anche stabulati, la somministrazione dell’integrazione alimentare può raggiungere la totalità del fabbisogno giornaliero di alimenti. I costituenti dell’integrazione devono provenire per almeno il 60 % del peso totale somministrato all’animale dall’area geografica di produzione. Per tali integrazioni sono ammessi i seguenti prodotti: — prodotti energetici: tutti i cereali integrali, — prodotti proteici: oleaginose (ad eccezione della soia e derivati) e tutti i legumi integrali, — fibre: foraggi, frutta e ortaggi freschi, sottoprodotti della molitura dei cereali. È consentito inoltre l’impiego di integratori vitaminici e/o minerali. Gli animali macellati devono avere almeno 12 mesi di età. 4.6. Legame: Il legame tra la DOP «Cinta Senese» e la zona di origine trova la sua giustificazione proprio grazie al tipo di allevamento e di alimentazione della razza, conferendole le caratteristiche descritte al punto 4.2. La zona geografica delimitata, si distingue per i suoi boschi misti ricchi di specie quercine, idonee alla produzione della ghianda e per i suoi terreni seminativi marginali. Questi pascoli, spesso poveri ed argillosi, sono abitualmente coltivati a foraggere da pascolo e sono tipici dell’ambiente pedoclimatico della Toscana. L’intervento dell’uomo, nei secoli, ha selezionato la razza cinta senese, robusta negli arti, nella struttura in generale, in possesso di caratteristiche di ruralità, frugalità, adattamento e resistenza alle malattie, in grado di utilizzare quasi esclusivamente le risorse naturali tipiche dell’ambiente toscano; ed ancora oggi, come in epoca remota, la tipica forma di allevamento è quella brada e/o semi brada. Infatti, il suino viene fatto pascolare nei boschi e terreni adatti, per poi ricoverarlo successivamente la notte o durante i critici momenti pre e post parto. Tale forma di allevamento, che prevede l’utilizzo da parte dei suini delle risorse fornite dai boschi e dai terreni, consente un contenimento di problemi sanitari e un’assenza di stress nell’animale, fattori che si manifestano favorevolmente sulle caratteristiche compositive e qualitative delle carni. Infatti, oltre ad una leggera infiltrazione di grasso intramuscolare visibile sui tagli, altra caratteristica è rappresentata dal contenuto minimo in grasso definito al punto 4.2, non comune a tutte le carni suine e considerato un importante valore che assicura gusto e sapidità alla carne. Nella carne «Cinta Senese» risulta interessante anche la composizione degli acidi grassi insaturi che, caratterizzata da una maggior quantità di acido oleico, precursore di aromi favorevoli alle caratteristiche organolettiche della carne ed una minore percentuale di acido linoleico, che in quantità eccessive portano a scadimento della qualità del prodotto, è influenzata dall’alimentazione costituita dall’essenze tipiche dei boschi e dei pascoli toscani. Inoltre, il pascolamento influisce sulla composizione genetica rendendo la carne maggiormente idonea per il consumo fresco e per i prodotti trasformati, in quanto tale fattore si traduce in una maggior capacità di ritenzione idrica e quindi minori cali di cottura dovuta alla perdita di acqua e minori perdite di salagione nella prima fase di stagionatura dei prodotti trasformati. É opportuno sottolineare che oggi, la carne «Cinta Senese» viene direttamente associata alla sua regione di origine anche perché nel in passato fu oggetto di una importante attività di valorizzazione delle sue qualità poiché ritenuta essere espressione della tradizione alimentare toscana. Grazie a questi interventi condotti dalle amministrazioni regionali, si poté assistere ad una crescente presenza sul mercato delle carni «Cinta Senese», tanto che anche nei menù dei ristoranti, iniziò a figurare la denominazione «Cinta Senese» associata ai diversi tagli di carne. Ancora oggi le carni a denominazione «Cinta Senese» sono molto ricercate tanto da spuntare al commercio prezzi molto più alti rispetto alle altre carni, come testimoniato dal listino della Camera di Commercio dell’Industria dell’Artigianato e Agricoltura di Siena del 2001 e del 2002. 4.7. Organismo di controllo: La struttura di controllo adempie le condizioni stabilite nella norma EN 45011. Nome: Istituto Nord Est Qualità — INEQ Indirizzo: Via Nazionale 33/35 33030 Villanova di San Daniele del Friuli UD ITALIA Tel. +39 0432956951 Fax +39 0432956955 E-mail: info@ineq.it 4.8. Etichettatura: Le mezzene di «Cinta Senese» devono esser marchiate a fuoco nelle seguenti parti: prosciutto, lombo, pancetta, spalla e gota. Il marchio a fuoco riporta il logo della DOP «Cinta Senese» ed il codice del macello. Tutti i tagli, che risultano dal sezionamento della mezzena, marchiata a fuoco, e che sono destinati al consumatore finale, devono avere un contrassegno che reca le seguenti informazioni: — il logo, — il nome della denominazione protetta: Cinta Senese DOP, — il simbolo dell'UE o la dicitura «Denominazione d’Origine Protetta», — il codice di tracciabilità tramite il quale è possibile risalire all’identificazione dell’animale (luogo e data di nascita), al luogo e data di macellazione e di sezionamento, oltre che ai quantitativi posti alla vendita. Il contrassegno, con i dati sopra indicati, deve risultare inviolabile per i tagli anatomici e/o per i prodotti preconfezionati. Il logo è costituito da uno scudo araldico di colore rosso scuro con la raffigurazione di un suino in colore grigio scuro con fasciatura sul tronco centrale di colore bianco, il tutto inserito in una circonferenza di colore rosso scuro all’interno della quale compare la scritta «allevata in Toscana secondo tradizione». Al di sotto dello scudo araldico e allesterno della circonferenza compare la scritta «Cinta Senese DOP». Il logo può essere eseguito con i medesimi caratteri in versione bianco/nero su supporti di materiali diversi, ingrandito o rimpicciolito purché rispetti le proporzioni e la disposizione del testo. | D.O.P. | Carni fresche | Toscana | Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena |
Vitellone bianco dell'Appennino Centrale Vitellone bianco dell'Appennino centrale Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
Disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Vitellone bianco dell'Appennino centrale» Art.1 L'Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) "Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale" è riservata alle carni prodotte dall'allevamento bovino che risponde alle condizioni ed ai requisiti illustrati nel presente Disciplinare ai sensi del Regolamento (CE) n.510/06. Art.2 L'area geografica di produzione della carne di "Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale" è rappresentata dal territorio delle province collocate lungo la dorsale appenninica del CentroItalia. Più precisamente la zona di produzione è rappresentata dai territori delle attuali seguenti province: Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino, Teramo, Pescara, Chieti, L'Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno, Pisa, Pistoia; Roma limitatamente ai comuni di Arcinazzo Romano, Camerata Nuova, Cervara di Roma, Jenne, Mazzano Romano, Ponzano Romano, Sant’Oreste, Subiaco, Vallepietra, Vallinfreda, Vivaro Romano; Latina limitatamente ai comuni di Campodimele, Castelforte, Fondi, Formia, Itri, Lenola, Minturno, Monte San Biagio, Prossedi, Roccasecca dei Volsci, Santi Cosma e Damiano, Sonnino, Spigno Saturnia; Caserta limitatamente ai comuni di Ailano, Alife, Alvignano, Baia e Latina, Bellona, Caianello, Caiazzo, Calvi Risorta, Camigliano, Capriati a Volturno, Castel Campagnano, Castel di Sasso, Castello del Matese, Ciorlano, Conca della Campania, Dragoni, Fontegreca, Formicola, Francolise, Gallo Matese, Galluccio, Giano Vetusto, Gioia Sannitica,Letino, Liberi, Marzano Appio, Mignano Monte Lungo, Pastorano, Piana di Monte Verna, Piedimonte Matese, Pietramelara, Pietravairano, Pignataro Maggiore, Pontelatone, Prata Sannita, Pratella, Presenzano, Raviscanina, Riardo, Rocca D'Evandro, Roccaromana, Rocchetta e Croce, Ruviano, San Gregorio Matese, San Pietro Infine, San Potito Sannitico, Sant'Angelo d'Alife, Sparanise, Teano, Tora e Piccilli, Vairano Patenora, Valle Agricola, Vitulazio. Art.3 3.1 - Razze previste e identificazione La carne di Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale è prodotta da bovini, maschi e femmine, di razza Chianina, Marchigiana, Romagnola, di età compresa tra i 12 e i 24 mesi, nati ed allevati nell’area geografica di produzione di cui all’Art 2. I bovini devono risultare nati da allevamenti in selezione e regolarmente iscritti al Registro Genealogico del Giovane Bestiame del Libro Genealogico Nazionale. Art.4 4.1 - Alimentazione Dalla nascita allo svezzamento è consentito l'uso dei seguenti sistemi di allevamento: pascolo, stabulazione libera, stabulazione fissa. Nelle fasi successive allo svezzamento e fino alla macellazione, i soggetti devono essere allevati esclusivamente a stabulazione libera o a posta fissa. I vitelli devono essere allattati naturalmente dalle madri fino al momento dello svezzamento. Successivamente la base alimentare è rappresentata da foraggi freschi e/o conservati provenienti da prati naturali, artificiali e coltivazioni erbacee tipiche della zona geografica indicata; in aggiunta, è permesso l'uso di mangimi concentrati semplici o composti e l'addizione con integratori minerali e vitaminici. La razione deve comunque essere calcolata in modo da assicurare livelli nutritivi alti o medio alti (maggiori di 0.8 U.F./Kg di S.S. per i maschi e maggiori di 0.7 U.F./Kg di S.S. per le femmine) ed una quota proteica compresa tra il 13% ed il 18% in funzione dello stadio di sviluppo dell'animale. 4.2 - Alimenti vietati Nei quattro mesi che precedono la macellazione è vietato alimentare il bestiame con foraggi insilati. E’ vietato alimentare il bestiame con i seguenti sottoprodotti dell'industria: - Polpa di barbabietola esausta fresca ; - Potature di olivo macinate; - Foglie di olivo fresche od essiccate; - Pastazzo d’arancia; - Pastazzo secco d’agrumi; - Polpa essiccata d’arancia; - Sansa d’olivo; - Buccette d’oliva; - Buccette e semi di pomodoro; - Residui di distilleria; - Radichette di malto; - Trebbie di birra; - Trebbie fresche o essiccate; - Borlande fresche o essiccate; - Pula vergine o commerciale; - Farina di carne; - Ciccioli; - Farina di pesce; - Sangue; - Grasso di origine animale; - Marco di mele; - Frutta fresca o conservata - Scarti dell’industria dolciaria 4.3 macellazione La macellazione deve avvenire in mattatoi idonei situati all'interno della zona di produzione; La macellazione deve avvenire in mattatoi idonei, situati all'interno della zona di produzione; al fine di evitare l'instaurarsi di fenomeni di stress nell'animale, particolare cura va prestata al trasporto ed alla sosta prima della macellazione evitando l'utilizzo di mezzi cruenti per il carico e lo scarico dagli automezzi Gli animali al mattatoio devono essere avviati immediatamente alla macellazione o sostare in box singoli. Al fine di preservare e proteggere le masse muscolari dall’ossidazione nella fase di frollatura, nella fase di macellazione non è ammesso lo sgrassamento totale della carcassa intesa come la completa rimozione del grasso di copertura del filetto e del grasso di copertura (interno ed esterno) delle masse muscolari che all’atto della macellazione risultano ricoperte da grasso. Nel rispetto delle normative vigenti, la refrigerazione delle carcasse deve essere effettuata in modo tale da evitare il fenomeno della contrattura da freddo. Art.5 5.1 Classificazione della carcassa Le carcasse, in base alla griglia comunitaria di valutazione, devono rientrare nei seguenti valori: - conformazione: non inferiore ad R; - stato di ingrassamento: escluso 1 e non superiore a 3. 5.2 Colore Il colore delle parti carnose esposte della carcassa non deve presentare colorazioni anomale (magenta o tendente al nero). Il colore del grasso visibile non deve tendere al giallo cinerino né deve avere venature tendenti al giallo carico. 5.3 Frollatura Vista la necessità di migliorare la tenerezza delle carcasse di animali maschi, che hanno minore capacità di depositare grasso anche intramuscolare rispetto alle femmine, la frollatura per le carcasse dei maschi deve essere di almeno 4 giorni per i quarti anteriori e di 10 giorni per i posteriori. 5.4 Parametri qualitativi I parametri qualitativi medi della carne di Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale devono essere: - pH fra 5.2 e 5.8 - estratto etereo (sul t.q.) inferiore al 3% - ceneri (sul t.q.) inferiore al 2% - proteine (sul t.q.) maggiore del 20% - colesterolo inferiore a 50 mg/100 g - rapp. ac. grass. ins./sat. maggiore di 1,0 - calo a fresco minore del 3% - calo alla cottura minore del 35% - grado di durezza (crudo) minore di 3.5 Kg/cmq - grado di durezza (cotto) minore di 2.5 Kg/cmq - colore (luce diur. 2667K L superiore a 30 C superiore a 20 H compreso fra 25 e 45 Art. 6 6.1 Contrassegni La carne di Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale deve essere immessa al consumo provvista di particolare contrassegno a garanzia dell'origine e dell'identificazione del prodotto. Il contrassegno è costituito dal logo riportato di seguito recante la scritta "Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale". Il contrassegno ha dimensioni di cm 5 x 5 con base superiore arrotondata e riporta: al centro un bovino stilizzato con un 5 formante la testa e con gambe composte da una R ripetuta quattro volte semisovrapposta; alla base il nome della razza (Chianina, Marchigiana, Romagnola) e sui tre lati rimanenti la scritta Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale. Il contrassegno deve essere apposto con caratteri chiari ed indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguito dalla menzione Indicazione Geografica Protetta e/o I.G.P. L’apposizione del contrassegno deve essere effettuata al mattatoio da un esperto incaricato dall'organismo di controllo. Il contrassegno deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza della faccia esterna dei 18 tagli di seguito elencati (specificando tra parentesi le relative basi muscolari): - 1) muscolo posteriore (tibiale anteriore e posteriore, peroneo, estensori comune, anteriore e laterale delle falangi, flessori esterno ed interno delle falangi) - 2) campanello (gastrocnemio laterale e mediale, soleo e flessore superficiale delle falangi) - 3) girello (semitendinoso) - 4) sottofesa (bicipite femorale-lungo vasto, paramerale-lungo-vasto) - 5) noce (retto anteriore della coscia, vasto intermedio, laterale e medio) - 6) fesa (semimembranoso, adduttore del femore, pettineo, sartorio, gracile) - 7) scamone (tensore della fascia lata, gluteo medio, superficiale, profondo e accessorio) - 8) lombata (lunghissimo del dorso, lungo spinoso e costale, trapezio, traverso spinoso, intercostale, elevatore delle coste, piccolo dentato e gran dorsale) - 9) costata (trapezio, traverso spinoso del dorso, lungo costale e spinoso, intercostale, lunghissimo del dorso, gran dorsale, piccolo dentato ed elevatore delle coste) - 10) pancia (obliquo esterno ed interno, trasverso e retto dell'addome) - 11) petto (pettorale profondo e superficiale, trasversale delle coste) - 12) sottospalla (romboide, trapezio, splenio, lungo flessore del collo, lungo spinoso e costale, trasverso spinoso del dorso, gran dorsale, gran dentato, lunghissimo del dorso, intercostali) - 13) reale (intercostale, gran dorsale) - 14) collo (romboide, trapezio, splenio, piccolo e grande complesso, lungo flessore del collo, traverso spinoso, atloide del piccolo complesso, cleidoccipitale e mastoideo, intertrasversali del collo) - 15) muscolo anteriore (estensore obliquo ed anteriore del metacarpo, estensore proprio delle dita, estensore anteriore delle falangi, cubitale esterno ed interno, gran palmare, flessore superficiale e profondo delle falangi, capo omerale e ulnare del flessore profondo delle falangi, capo radiale del flessore superficiale delle falangi) - 16) girello di spalla (sopraspinoso e brachiocefalico) - 17) polpa di spalla (bicipite brachiale e pettorale profondo) - 18) copertina (sottospinoso e piccolo rotondo). Il contrassegno deve essere conservabile in tutte le fasi della distribuzione. 6.2 Documento di controllo L’esperto incaricato dall’Organismo di Controllo provvede, per ogni capo bovino, all’inserimento e alla registrazione dei dati in una scheda informatica chiamata documento di controllo. Il documento di controllo è il documento informatico a cui si dovrà fare riferimento per le verifiche del rispetto dei requisiti di conformità e sarà archiviato esclusivamente per via informatica. A seguito della registrazione del documento di controllo, l’esperto incaricato provvederà alla apposizione del contrassegno secondo quanto previsto all’art. 6.1. Il documento di controllo, per permettere la verifica dei requisiti di conformità e i controlli relativi sul rispetto di tali requisiti, dovrà contenere i seguenti dati: 1. numero identificativo dell’animale (matricola); 2. azienda di nascita; 3. aziende di allevamento e/o ingrasso; 4. movimentazione del capo; 5. data di nascita; 6. sesso; 7. data e numero progressivo di macellazione; 8. Categoria dell’animale; 9. Peso della carcassa e del taglio destinato; 10. conformazione e grasso della carcassa secondo la classificazione CE 11. denominazione e sede del mattatoio dove è avvenuta la macellazione; 12. denominazione e sede del laboratorio di sezionamento dove è avvenuto il sezionamento; 13. indicazione della tipologia di prodotto preso in carico (carcassa, mezzena, sesto, quarto, singoli tagli o tagli misti); 14. denominazione e sede del destinatario: macelleria, laboratorio di sezionamento, operatore commerciale; 15. nome dell’esperto incaricato alla certificazione; 6.3 Etichetta Conformemente a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di etichettatura e tracciabilità della carne bovina, sulla carne dovrà essere apposta una etichetta che ne permetta l’identificazione e la rintracciabilità. L’etichetta dovrà riportare, oltre ai dati obbligatori richiesti dalle normative vigenti, le seguenti informazioni: 1. numero di riferimento o codice di rintracciabilità. 2. la denominazione “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” e/o il logo; 3. la dicitura “Indicazione Geografica Protetta” e/o il logo comunitario previsto dalla normativa comunitaria vigente. E’ possibile l’uso dell’acronimo “I.G.P.”; 4. la razza del soggetto; Le informazioni di cui ai punti 2, 3, e 4 del presente articolo possono essere riportate su una etichetta separata e, comunque, sulla stessa confezione; le informazioni di cui ai punti 2 e 3 del presente articolo devono essere riportate entrambe in un’unica etichetta. L’etichetta può riportare anche le altre informazioni previste nel documento di controllo di cui all’art. 6.2. 6.4 Modalità di vendita La carne è posta in vendita al taglio o confezionata. Nel caso di vendita al taglio l’etichetta deve essere esposta e ben visibile nell’area del bancone di vendita destinata alla carne IGP”Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”. La carne confezionata porzionata, fresca o surgelata, deve essere confezionata nei seguenti modi: preconfezionato, sottovuoto, atmosfera modificata. Essa è posta in vendita solo in confezioni chiuse ed etichettate, riportante un’etichetta con le informazioni previste all’art. 6.3. Il confezionamento può avvenire solo in laboratori di sezionamento abilitati e sotto il controllo dell'organo preposto che consente la stampigliatura del logo della Indicazione Geografica Protetta sulle singole confezioni. E’ comunque vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista. Art. 7 I controlli sono effettuati da una struttura di controllo conformemente a quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 del Reg. (CE) 510/2006. L’Organismo di controllo è il “3A-PTA - Parco Tecnologico Agroalimentare dell'Umbria - Soc. Cons. a r.l. Fraz. Pantalla - 06050 Todi (PG) Italia - Tel. 075-89571 – Fax. 075-8957257. Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, degli allevatori, macellatori, sezionatori, dei punti vendita e dei laboratori di confezionamento, nonché attraverso la dichiarazione tempestiva alla struttura di controllo del numero dei vitelli nati, allevati, macellati, sezionati, porzionati e confezionati è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte della struttura di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo. | I.G.P. Vitellone bianco dell'Appennino centrale [embedyt]https://www.youtube.com/watch?v=-BQbydWH7uo[/embedyt] | Carni fresche Vitellone bianco dell'Appennino Centrale partner Bacci Renzo & F.Lli S.N.C.
Lungarno Bruno Buozzi 79 50055 Lastra a Signa Firenze - Toscana Ora: Orario Continuato: 08.30 - 19.30 Telefono: 055 8724500 cell. 345 5866262 Macelleria Ansano Via del Tresaccio9 06062- Po' Bandino Umbria Ora: 08:30 - 12:30 15:30 - 19:3 Telefono: 05782041 | Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Lazio, Umbria | Bologna, Ravenna, Forlì - Cesena, Rimini, Pesaro-Urbino Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Pescara, Chieti, L'Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Livorno, Pisa |