Disciplinare di produzione - Zafferano dell'Aquila DOP
4.1. Nome:
«Zafferano dell’Aquila»
4.2. Descrizione:
Prodotto ottenuto dalla tostatura degli stimmi del fiore del Crocus Sativus L., pianta tubero-bulbosa appartenente alla famiglia delle iridacee, avente colore rosso porpora e commercializzato in filamenti allo stato naturale o ridotti in polvere.
Il prodotto ammesso a tutela, in condizioni di assoluta purezza, deve avere le seguenti caratteristiche:
4.3. Zona geografica:
La zona di produzione dello «Zafferano dell’Aquila» comprende il territorio dei comuni di: Barisciano, Caporciano, Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio nei Vestini, S. Pio delle Camere, Tione degli Abruzzi, Villa S. Angelo. I confini dell’area sono definiti dal perimetro dei territori dei comuni suddetti. Nell’ambito dell’area la coltivazione dovrà essere praticata in quei terreni posti ad un’altitudine compresa tra 350 e 1 000 metri s.l.m.
4.4. Prova dell’origine:
Numerosissime fonti storiche documentano con dovizia di particolari le vicende che per oltre sei secoli sono state legate alla produzione ed alla commercializzazione dello zafferano nella provincia dell’Aquila.
4.5. Metodo di ottenimento:
Il sistema di coltivazione del Crocus Sativus L., dal quale si ottiene lo Zafferano DOP, adotta le seguenti pratiche colturali, desunte direttamente da quelle tradizionalmente in uso nella zona.
Le operazioni di preparazione del terreno prevedono: aratura ad una profondità di 30 cm ed interramento di concime organico, affinamento e livellamento della superficie, preparazione delle aiuole e apertura da 2 a 4 solchi alla distanza di 20-25 cm che ospiteranno la nuova piantagione.
È vietato l’apporto di qualsiasi altro tipo di fertilizzante durante il ciclo vegetativo.
I bulbo-tuberi, raccolti nella prima metà di agosto, devono essere cerniti, avendo cura di selezionare quelli più grandi ed esenti da attacchi parassitari, reimpiantati, con l’apice vegetativo rivolto verso l’alto, nel nuovo terreno nella seconda metà di agosto.
La rotazione colturale è di cinque anni.
Entro ogni fila i bulbi vanno posti a fila continua, la quantità di bulbi necessari oscilla tra 500 000-600 000 per ettaro, ovvero 7-10 t/ha.
Dopo la semina vanno effettuate semplici operazioni colturali di rincalzatura e zappatura.
Non è consentito il diserbo chimico mentre le irrigazioni sono consentite solo in casi di eccezionali siccità.
4.6. Legame:
La pianta del Crocus sativus, dal cui fiore si ricava lo zafferano, ha trovato da oltre 800 anni terreno fertile per la crescita proprio nella piana di Navelli, zona tipica di produzione dello«zafferano dell’Aquila» in provincia dell’Aquila, che degrada da 900 fino a 700 metri di altitudine.
Sono proprio le caratteristiche pedoclimatiche tipiche della zona di produzione a rendere così peculiare lo zafferano dell’Aquila, la cui coltura, infatti, si trova in un territorio atipico e quasi limite tenendo conto delle caratteristiche bio-ecologiche della pianta. Le coltivazioni aquilane di zafferano ricadono in un territorio submontano (le colture sono impiantate a 350-1 000 metri), il più elevato dell’area mediterranea dove si coltiva zafferano, con piovosità annua di circa 700 mm e precipitazioni anche in estate (oltre 40 mm).
Nelle altre zone a zafferano del Mediterraneo i valori pluviometrici, invece, sono alquanto modesti. La temperatura media estiva, inoltre, nella provincia dell’Aquila non supera i 20-22°C. Tutti questi indici fanno sì che il territorio dell’Aquila rientri nel bioclima mediterraneo temperato, quasi al limite col piano umido.
La zona di produzione dello zafferano dell’Aquila presenta un terreno di medio impasto a struttura humus-argillosa, che assicura una buona ritenzione idrica, mentre l’elevato contenuto in sabbia conferisce scioltezza ed areazione. Buono è il contenuto in calcare attivo ed elevata la sostanza organica, basso il contenuto di fosfati e buono quello del potassio. Le caratteristiche chimiche e la scioltezza del suolo rendono il territorio particolarmente idoneo alla coltivazione dello zafferano dell’Aquila ben distinguibile da altri tipi di zafferano.
Lo zafferano dell’Aquila deve la sua peculiarità, oltre agli aspetti pedoclimatici della zona di produzione, anche grazie alle pratiche agronomiche plurisecolari, che sono state messe in atto dall’uomo per far sopravvive lo zafferano in un tale ambiente submontano e piovoso.
Nel corso dei secoli si misero a punto tecniche di selezione dei bulbi ed una pratica colturale con ciclo annuale. La tecnica di coltivazione tipica per la produzione dello zafferano dell’Aquila, caratterizzata dal sistema di propagazione, oltre ad assicurare la sopravvivenza della specie, diversifica ulteriormente la pianta da varietà analoghe coltivate in altri arfeali sia nazionali che esteri. La raccolta dei fiori viene fatta esclusivamente a mano proprio per non arrecare danno agli stimmi contenuti in essi. La fase della tostatura degli stimmi, che
consiste nella parte più importante per la produzione dello zafferano dell’Aquila, viene giudicata terminata solo grazie alla mano esperta dell’addetto a tale operazione, la cui tecnica si tramanda di generazione in generazione.
Numerosi documenti attestano che la coltivazione dello Zafferano nella provincia di L’Aquila veniva effettuata già dal XIII-XIV secolo. L’importanza economica assunta e le alterne fortune hanno segnato fortemente la vita delle popolazioni locali, favorendo scambi commerciali con diverse aree europee come si può desumere dalle notizie storiche.
Inoltre, la particolarità biologica di questa pianta che si propaga solo per clonazione, in quanto sterile triploide, fa sì che in mancanza di una evoluzione genetica legata alla riproduzione gamica, la pianta mantenga inalterati i caratteri nel tempo. Questa particolarità rende lo «Zafferano dell’Aquila» un fossile vivente in quanto, sia i caratteri botanici della pianta, che le tecniche colturali impiegate per la coltivazione, sono rimaste invariate da oltre 600 anni. Ne consegue che le piante coltivate nella provincia dell’Aquila rappresentano una popolazione, che definiamo cultivar o biotipo perché le piccole modifiche biologiche che la distinguono da altre cultivar sono intervenute esclusivamente a causa delle particolari condizioni pedoclimatiche dell’area.
4.7. Struttura di controllo:
Nome: C.C.I.A.A. Camera di Commercio di L’Aquila
Indirizzo: Via del Guastatore, 7, I-67100 L’Aquila
4.8. Etichettatura:
L’immissione al consumo della DOP «Zafferano dell’Aquila» deve avvenire secondo le seguenti modalità: Il prodotto deve essere posto in vendita in bustine di carta o vasetti di vetro o altro materiale nobile purché risponda alle vigenti normative comunitarie in materia di confezionamento dei prodotti alimentari deperibili. Sono escluse confezioni in plastica.
Il contenuto di ogni confezione deve essere dichiarato al netto così come deve essere dichiarata la presentazione se polvere o stimmi integri (fili, filamenti), la quantità per ogni confezione può essere determinata senza vincoli.
Sulle etichette delle confezioni contrassegnate a DOP, bustine, vasetti o altro, devono essere riportati, a caratteri chiari e leggibili, le seguenti indicazioni:
- il logo come appresso descritto;
- la denominazione «ZAFFERANO DELL’AQUILA».
Denominazione d’Origine Protetta, realizzata con caratteri di dimensione maggiore di quelli di ogni altra scritta dell’etichetta;
- il nome, la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda produttrice e/o confezionatrice, nonché l’eventuale marchio aziendale;
- dovrà figurare il simbolo grafico comunitario relativo alla identificazione della Denominazione d’Origine Protetta.
È vietata l’aggiunta di qualsiasi altra qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, compresi gli aggettivi: tipo, gusto, uso, scelto e similari.
Descrizione: Il logo identificativo è rappresentato da un riquadro (colore blu Pantone 5125) dentro il quale si evidenziano gli emblemi di riconoscimento del prodotto.
Il nome del prodotto «ZAFFERANO DELL’AQUILA» utilizza caratteri Proteus Medium cp 48, al centro è raffigurato il fiore stilizzato del Crocus S. con petali colore rosso Pantone 219 al 50 % gli stessi bordati di colore rosso Pantone 219, dal fiore inoltre escono i tre stimmi, caratteristica del Crocus S., di colore rosso Pantone 1795.
La scritta «DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA», caratteri Garamond colore nero, è posizio nata al di sopra del riquadro. Completa l’identificazione della DOP il Logo Comunitario posizionato ad un lato dell’immagine principale.
4.9. Condizioninazionali:
N. CE: IT/00266/27.12.2002.
Data di ricevimento del fascicolo integrale: 1 marzo 2004
Disciplinare di produzione - Zafferano di San Gimignano DOP
Articolo 1 Denominazione
La Denominazione di Origine Protetta "Zafferano di San Gimignano" è riservata esclusivamente al prodotto che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
Articolo 2. Descrizione del prodotto
Lo "Zafferano di San Gimignano" è costituito esclusivamente dalla parte di colore rosso aranciato, sottoposta a tostatura, degli stimmi dei fiori provenienti dalla coltivazione del bulbo-tubero "crocus sativus L.", pianta erbacea monocotiledone appartenente alla famiglia delle iridacee.
Gli stimmi si presentano in filamenti dilatati e sfrangiati alla sommità.
Dopo la tostatura, il loro colore vira da aranciato in un caratteristico rosso bordeaux. Gli stimmi devono essere commercializzati integri e rispondere alle seguenti caratteristiche chimiche, secondo la norma ISO 3632-1:1993 (metodo di test: ISO 3632-2: 1993, punto 13)
Articolo 3. Zona di produzione
La zona di produzione dello "Zafferano di San Gimignano" è rappresentata esclusivamente dal territorio del Comune di San Gimignano.
Articolo 4. Origine del prodotto
Molteplici testimonianze attestano nel tempo a partire dal see. XIII l'origine del prodotto a San Gimignano. Al riguardo ricordiamo una delibera del Consiglio della Comunità del 1228 che autorizza il rimborso di un pranzo effettuato dal Podestà Gregorio e costituito da "uno chapone, una gallina et quatuor fercolis camium porchi et in ovis et pipere et croco". La qualità e rinomanza che fin dal 1200 ebbe lo zafferano di San Gimignano è documentata non solo da una significativa esportazione del prodotto verso altre piazze italiane (Pisa 1238, Genova 1291), ma anche dalla inedita direzione assunta dalla corrente di traffico verso i paesi orientali e africani (Alessandria d'Egitto, Tunisi, Damietta, Acri, Tripoli ed Aleppo negli anni dal 1221 al 1247). I guadagni che derivavano dal commercio dello zafferano erano talmente elevati da fare la fortuna di non poche casate, alcune delle quali - come si ricava da numerose fonti - decisero di impiegarli anche nella costruzione delle famose torri, tuttora motivo di orgoglio della città. In molti documenti medievali della città, lo zafferano è menzionato nei contratti. Particolarmente diffuso nelle campagne era il contratto che consisteva nel pagare anticipatamente in contanti un determinato quantitativo di zafferano da consegnarsi al raccolto, "ad novellum". Per la sua versatilità, veniva impiegato anche come sostituto del denaro: è indicativo al riguardo che nel 1228 il Comune fece fronte alle spese per l'assedio del castello della Nera con un mutuo contratto in denaro e in zafferano. Spesso il croco compare anche nei donativi: nel 1241, ad esempio, ne vennero inviate dalla Comunità 25 libbre all'imperatore Federico II accampato nelle vicinanze.
Sono storicamente legate al commercio del prodotto anche le rigide regole emanate dal Comune per garantirne il peso e la qualità. La correttezza delle operazioni di pesatura era affidata all'Arte dei Medici e Speziali, i quali provvedevano anche alla taratura delle bilance. Una testimonianza di tale attività si rinviene ancora oggi attraverso la permanenza in città di un cognome come Pesalgruoghi o Pesalgruoci.
Numerosi sono i riferimenti all' impiego dello zafferano come colorante nella fabbricazione dei tessuti. I testi sangimignanesi dei secoli ХШ e XIV tramandano anche il nome delle famiglie che praticavano quest'arte e riportano le pene severissime comminate nei confronti degli adulteratori del prodotto.
I documenti della locale Spezieria di S.Fina ci illustrano come lo zafferano fosse una componente importante nella farmacopea dei secoli XIV-XVII e come entrasse nella preparazione di liquori, unguenti, purganti, sciroppi, digestivi, infusi e decotti.
E' provato anche il suo uso nella pittura, in particolare in quella senese e fiorentina.
Sulla coltivazione del croco a San Gimignano lungo il corso dei secoli la documentazione è straordinariamente ricca, tanto da consentire perfino la ricostruzione dell'ubicazione dei terreni interessati.
Come meglio specificato al successivo art. 6, il prodotto è fortemente intriso della storia cittadina: le fonti assicurano, fin dal 200, il suo utilizzo, oltre che in cucina, anche nella tintura, nella medicina e nella pittura. Riferimento di leggi e regolamenti comunali, viene, inoltre, menzionato in antichi documenti medievali di carattere finanziario o contrattuale. Oggi lo zafferano, nonostante non abbia più l'importanza di un tempo, viene impiegato in campo gastronomico e farmaceutico.
La sua origine viene attualmente attestata dalla permanenza nel territorio di pratiche produttive nel solco della tradizione, che contribuiscono a salvaguardare l'elevata qualità del prodotto, dimostrata da una copiosa e plurisecolare documentazione nonché dal suo inserimento nella fascia superiore della scala qualitativa di cui alla norma ISO 3632-1:1993. Tali pratiche sono integralmente riportate nel presente disciplinare.
L'origine dello "Zafferano di San Gimignano" è garantita, inoltre, da un sistema di tracciabilità fondato sulla iscrizione dei produttori e dei terreni interessati in un apposito elenco tenuto dall'organismo di controllo di cui all'art. 7.
Articolo 5. Metodo di ottenimento del prodotto
5.1 Metodo di coltivazione e raccolta
La selezione dei bulbo-tuberi per l'impianto avviene con la eliminazione di quelli che presentano tracce di marciume, macchie o tagli.
L'impianto viene eseguito sui terreni sabbiosi o sabbioso-limosi, che costituiscono la tessitura del territorio di San Gimignano, dopo aver eliminato le tuniche esteme e i residui radicali del bulbo tubero madre, tra l'inizio di agosto e la metà di settembre.
La concimazione utilizzata è organica
I fiori vengono raccolti a mano nelle prime ore mattutine, quando sono ancora chiusi, nel periodo compreso tra l'inizio di ottobre e la fine di novembre.
5.2 Metodo di lavorazione
I fiori raccolti vengono portati in locali chiusi, dove viene effettuata, nell'arco della stessa giornata della raccolta, la "mondatura" o "sfioritura", operazione manuale con la quale si separa la parte di colore rosso aranciato degli stimmi evitando di asportarne quella di colore bianco-gialliccio.
Si procede quindi all'essiccamento, che deve sempre avvenire a temperatura inferiore ai 50° centigradi. Gli stimmi vengono disposti su reticelle o in setacci, normalmente di acciaio inox, in prossimità di brace ardente ottenuta da legname di bosco (in particolare leccio o quercia), avendo cura di rigirarli continuamente in modo da assicurare la uniformità del processo. Sono ammessi altri sistemi di essiccamento, come quello solare o in forni elettrici.
5.3 Metodo di conservazione
La conservazione avviene in recipienti di vetro chiusi ermeticamente, nei quali gli stimmi vengono immessi entro i primi cinque minuti dal termine dell'essiccamento. Tali recipienti sono tenuti in locali freschi e asciutti e al riparo dalla luce.
Articolo 6. Elementi che comprovano il legame con l'ambiente
II clima di tipo subarido, che caratterizza la zona di produzione, in particolare per la deficienza idrica nel periodo estivo, influisce positivamente, come attestato dalla letteratura scientifica in materia, sulla coltivazione della pianta.
Particolarmente adatti risultano anche i fattori morfologici e pedologici, consistenti rispettivamente nella struttura collinare del territorio e nella specifica tessitura sabbiosa e limosa del suolo, che impediscono i ristagni di umidità.
Alla indubbia vocazione della zona corrisponde un legame del prodotto con il territorio basato su di una serie di fattori economici, sociali e produttivi, anche di antica tradizione.
In cucina lo zafferano era molto ricercato, non solo per il suo aroma ma anche come colorante. Nel "libro della cocina" di Anonimo Toscano del secolo XIV si nota come esso venisse utilizzato in abbondanza. Anche nei secoli successivi, esso ha costituito l'ingrediente fondamentale di piatti come "i pestelli", "la peverata", "l'agliata", "la porrata". E' rimasto l'uso di inserirlo nell'impasto di alcuni formaggi.
Attualmente lo "Zafferano di San Gimignano" è oggetto di una significativa riscoperta sia sul piano gastronomico che farmacologico. Nel territorio gli usi nella produzione come pure nella lavorazione sono quelli consolidati dalla tradizione secondo metodi leali e costanti. Molte operazioni vengono ancora eseguite a mano come nel Medioevo: la selezione dei bulbi, la raccolta dei fiori nelle prime ore mattutine, la mondatura, l'essiccazione presso il fuoco.
Il prodotto è presente nella ristorazione e in alcune specialità locali, anche in connessione con altri prodotti tipici sangimignanesi, come il pane con la vernaccia e lo zafferano e la schiacciata con lo zafferano.
Da anni, nel periodo autunnale, in occasione delle operazioni di mondatura del croco, si svolge a San Gimignano una festa "giallo come l'oro", che ha lo scopo di richiamare l'attenzione del pubblico sugli aspetti culturali legati al consumo del prodotto.
Articolo 7. Controlli
I controlli sulla conformità del prodotto al disciplinare sono svolti da un organismo conforme a quanto previsto dall'art. 10 del Reg. CEE 2081/92.
Articolo 8. Confezionamento ed etichettatura
II prodotto viene confezionato a mano e posto in commercio lasciando gli stimmi come tali, ossia in fili. La confezione, contenente il prodotto di peso variabile da 10 centigrammi a 1 grammo, avviene in bustine o in contenitori di materiale idoneo per alimenti.
La confezione reca obbligatoriamente in etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relativa menzione (in conformità alle prescrizioni del Reg. CE 1726/98 e successive modificazioni) e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge, le seguenti ulteriori indicazioni:
• "Zafferano di San Gimignano" intraducibile, seguita, per esteso o in sigla (DOP), dalla espressione traducibile "Denominazione di Origine Protetta". Tali indicazioni vanno riportate in caratteri di dimensione almeno doppia rispetto agli altri ;
• il nome, la ragione sociale, l'indirizzo dell'azienda produttrice e confezionatrice
E' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista.
E' tuttavia consentito l'utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purché questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, dell'indicazione del nome dell'azienda coltivatrice, nonché di altri riferimenti veritieri e documentabili che siano consentiti dalla normativa comunitaria, nazionale o regionale e che non siano in contrasto con le finalità e i contenuti del presente disciplinare.
Articolo 9. Utilizzo della denominazione geografica protetta per i prodotti derivati
I prodotti per la cui elaborazione è utilizzata come materia prima lo "Zafferano di San Gimignano" DOP, anche a seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo in confezioni recanti il riferimento a detta denominazione, senza l'apposizione del logo comunitario, a condizione che:
- lo "Zafferano di San Gimignano" DOP, certificato come tale, costituisca il componente esclusivo della categoria merceologica di appartenenza;
- gli utilizzatori dello "Zafferano di San Gimignano" DOP siano autorizzati dai titolari del diritto di proprietà intellettuale conferito dalla registrazione della denominazione "Zafferano di San Gimignano" DOP riuniti in consorzio incaricato alla tutela dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Lo stesso Consorzio incaricato provvederà anche ad iscriverli in appositi registri ed a vigilare sul corretto uso della denominazione protetta.
In assenza del consorzio di tutela incaricato le predette funzioni saranno svolte dal MIPAF in quanto autorità nazionale preposta all'attuazione del Reg. (CEE) 2081/92.
Articolo 10. Logo
il logo del prodotto, consistente come da riproduzione sotto riportata, in una figura rappresentante una silouette di San Gimignano con campitura oro e un fiore di croco decentrato sulla sinistra con petali in primo piano campiti in colore bianco e lilla Cpantone 258). I tre stimmi dello zafferano sono in colore rosso (pantone 180). Nella parte inferiore compare la scritta "ZAFFERANO", ottenuta con carattere dearjoe in nero sovrapposta al fondo oro e, nello spazio sottostante, la scritta "DI SAN GIMIGNANO", ottenuta con carattere dj murphic full sempre di colore nero, su fondo bianco II logo ha una dimensione di mm. 36 sia in altezza che in larghezza.
Il logo si potrà adattare proporzionalmente alle varie declinazioni di utilizzo.
Disciplinare di produzione - Zafferano di Sardegna DOP
Articolo 1.
Denominazione
La Denominazione d'Origine Protetta (D.O.P.) "Zafferano di Sardegna" è riservata allo zafferano essiccato in stimmi o fili proveniente dalle coltivazioni di Crocus sativus L. rispondente alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente Disciplinare di Produzione.
Articolo 2. Caratteristiche del prodotto
Lo "Zafferano di Sardegna", iridacea geofita, perenne, è una pianta erbacea, alta circa 15 cm, formata da un apparato ipogeo (bulbo-tubero), da foglie e fiori con le seguenti caratteristiche:
- Bulbo-tuberi tunicati, di forma subovoidale, compressi alla base, conico-rotondati ed appiattiti all'apice, carnosi, internamente di colore bianco, ricoperti da tuniche reticolate a fibre sottili, brune ed allungate ad avvolgere gli scapi fiorali in forme di guaine membranose. Il peso oscilla dai 0,5 ai 25 gr; l'altezza da 1 a 5 cm e la larghezza tra 0,5 e 4 cm.
- Foglie strette, lineari, allungate e di colore verde intenso, avvolte da una spata biancastra costituita da 3-4 strati di tuniche. Il margine è intero e appena papilloso con uno sviluppo di 60-70 cm di lunghezza e una larghezza media compresa tra 2-3 mm. Sono presenti in numero di 3-7.
- Perigonio campanulato, violaceo con striature più scure, di forma tubulosa a fauce dilatata in alto da cui emergono 6 tepali (tre interni e tre esterni) di colore rosso violaceo e lunghezza compresa tra i 4 ed i 5,6 cm, sono per lo più solitari oppure in numero di due o tre, raramente cinque, ciascuno avvolto da 1 o 2 spate.
- Stimmi interi, trifidi di colore rosso scarlatto, si presentano in numero di 3, con una lunghezza tra 1,4 e 4,8 cm ed un peso compreso tra 0,02 e 0,055 gr, sporgenti dalle lacinie perigoniali.
Lo "Zafferano di Sardegna" D.O.P., ai fini dell'immissione in commercio deve essere classificato nella categoria "zafferano in stimmi o fili" e presentare le seguenti caratteristiche organolettiche: colore rosso brillante dato dal contenuto di crocina, aroma molto intenso derivante dal contenuto di safranale e gusto deciso scaturente dal contenuto di picrocrocina.
Categoria
Potere colorante espresso in lettura diretta dell'assorbenza di crocina a circa 440 nm su base secca
Potere amaricante espresso in lettura diretta dell'assorbenza di picrocrocina a circa 257 nm su base secca
Potere aromatico safranale espresso in lettura diretta dell'assorbenza a circa 330 nm su base secca
Ia
uguale o maggiore di 190
uguale o maggiore di 70
da 20 a 50
Deve, inoltre, essere scevro da qualsiasi forma di sofisticazione o adulterazione.
Articolo 3. Zona di produzione
La zona di produzione dello "Zafferano di Sardegna" D.O.P. comprende il territorio dei Comuni di San Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca, situati nella provincia del Medio Campidano.
Articolo 4. Prova dell'origine
Ogni fase del processo produttivo deve essere monitorata documentando per ognuna i prodotti in entrata e quelli in uscita. In questo modo e attraverso l'iscrizione in appositi elenchi, gestiti dalla struttura di controllo, delle particelle catastali sulle quali avviene la coltivazione, dei produttori e dei confezionatori, nonché attraverso la denuncia alla struttura di controllo dei quantitativi prodotti, è garantita la tracciabilità del prodotto. Tutte le persone, fisiche e giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, saranno assoggettate al controllo da parte delle strutture di controllo, secondo quanto disposto dal disciplinare di produzione e dal relativo piano di controllo.
Articolo 5. Metodo di ottenimento
La Denominazione d'Origine Protetta "Zafferano di Sardegna" è riservata esclusivamente allo Zafferano coltivato in pieno campo secondo le tecniche sottoelencate.
Il terreno deve essere sciolto e ben drenato. La sua preparazione inizia con una sistemazione superficiale seguita da un'aratura a 30-40 cm, da un'erpicatura e assolcatura.
È ammessa la concimazione che deve avvenire con l'impiego di fertilizzanti ammessi in agricoltura biologica apportando 300-400 q.li/ha di letame maturo distribuito nell'autunno precedente l'impianto.
L'arricchimento del terreno di elementi nutritivi è consentito facendo precedere l'impianto dello Zafferano con una leguminosa da granella (fave, ceci, ecc.).
Il controllo delle erbe infestanti deve avvenire prevalentemente attraverso interventi manuali di zappatura sulla fila affiancati da quelli meccanici di fresatura tra le file, senza, quindi, l'utilizzo di sostanze chimiche.
Tali interventi devono essere eseguiti in autunno, prima e/o dopo la fioritura, e in primavera.
La messa a dimora dei bulbo-tuberi deve essere realizzata nel periodo compreso tra il 1o di giugno e il 10 di ottobre ponendoli alla profondità di 15-20 cm. I sesti d'impianto devono essere caratterizzati da una distanza sulla fila di 5-10 cm e tra le file di almeno 30 cm.
I bulbo-tuberi, di provenienza dalle zone indicate al precedente articolo 3, devono essere selezionati, scartando quelli che presentano malformazioni, lesioni ed evidenti sintomi di avversità fitopatologiche.
La fioritura avviene in un arco di tempo compreso tra il 15 ottobre ed il 30 novembre e si protrae per circa 15-20 gg.
I fiori devono essere raccolti a partire dalle prime ore del giorno quando sono ancora chiusi o leggermente aperti.
La raccolta deve essere eseguita con un taglio praticato alla base del perigonio. I fiori devono, quindi, essere adagiati in sottili strati, senza alcuna compressione, dentro ceste e conservati in locali areati.
La coltivazione ha una durata di 4 anni ed il bulbo-tubero non può essere reimpiantato sullo stesso terreno prima di 4 anni.
I valori massimi di resa annua dello Zafferano di Sardegna essiccato sono pari a 15 kg per ettaro, mentre quelli dello Zafferano di Sardegna fresco sono pari a 75 kg per ettaro.
Lo "Zafferano di Sardegna" DOP deve essere ottenuto attraverso un processo di lavorazione, da realizzarsi nel giorno di raccolta, che si articola nelle seguenti fasi:
Separazione degli stimmi dalle restanti parti del fiore (perigonio e stami); tale operazione deve essere eseguita con molta cura ed esperienza, in modo che gli stimmi non subiscano troppe manipolazioni né presentino, nel prodotto finito, residui del fiore.
Essa deve essere realizzata aprendo i fiori e recidendo lo stilo poco più in alto dell'attaccatura degli stimmi, facendo attenzione a non dividerli. Per rendere il prodotto puro, si provvede ad eliminare la parte biancastra che tiene uniti gli stimmi allo stilo.
Essiccazione degli stimmi: deve essere eseguita dopo aver distribuito gli stimmi su dei supporti di legno e/o carta attraverso la loro esposizione a sorgenti di calore blando, in modo che il processo avvenga lentamente, fino al punto in cui gli stimmi si spezzano facilmente con frattura netta. Sono ammessi altri sistemi di essiccamento: solare o in forni o essiccatoi elettrici. Per tale processo la temperatura della fonte di calore è compresa tra i 20 ed i 45 oC.
Prima dell'essiccazione degli stimmi è consentita la pratica dell'umettamento degli stimmi con olio extra vergine d'oliva prodotto in Sardegna. Essa deve essere realizzata manipolando il materiale con delicatezza con i polpastrelli delle dita unti; la quantità di olio per questa operazione è compresa tra 0,1 ml e 1,5 ml per 100 gr di prodotto.
Lo "Zafferano di Sardegna" D.O.P. deve essere coltivato, raccolto, lavorato e confezionato nella zona di produzione indicata all'articolo 3.
Articolo 6. Legame con l'ambiente
Le caratteristiche morfologiche e pedo climatiche di alcune zone della Sardegna, unite a tradizionali tecniche di coltivazione e lavorazione tramandate nei secoli di padre in figlio, consentono di ottenere un prodotto con peculiarità organolettiche e gustative uniche ed inconfondibili.
Da un'attenta analisi qualitativa dello zafferano prodotto in Sardegna è stato, infatti, riscontrato che il contenuto medio di crocina (l'elemento al quale è collegato il potere colorante dello zafferano), picrocrocina (l'elemento al quale sono riconducibili gli effetti euptetici ed il correttivo di sapore) e safranale (l'elemento al quale sono associate le proprietà aromatizzanti) è notevolmente superiore alla norma.
Queste peculiari caratteristiche del prodotto "Zafferano di Sardegna" D.O.P. esprimono in realtà il forte legame con il territorio di origine, particolarmente vocato, sia per le sue potenzialità umane che per le favorevoli condizioni climatiche, dove ben prospera una pianta che, come si è soliti affermare, "timit su frius e cikat su kallenti" (teme il freddo e cerca il caldo).
Il clima della zona di coltivazione dello zafferano è tipicamente mediterraneo, con piogge concentrate nel periodo autunno-invernale, generalmente mite, mentre le estati sono calde e aride.
La temperatura media invernale è di 11,3 oC, mentre quella estiva risulta di circa 24 oC, con una media annuale di 17,6 oC. Le brinate sono rarissime, eccezionali le nevicate.
Il 95% degli apporti idrici annuali, che ammontano a circa 560 mm, è dovuto a precipitazioni di carattere piovoso, mentre la rugiada e la grandine concorrono per il restante 5%. La distribuzione annua delle piogge è notevolmente irregolare, presentando un picco di 196 mm durante la stagione invernale ed un'assenza quasi totale (21 mm) nel corso dell'estate. I giorni piovosi ammontano mediamente a 51.
I terreni destinati alla coltivazione dello zafferano sono di ottima fertilità. Si tratta in gran parte di terreni di origine alluvionale profondi (vertisuoli) a tessitura franco sabbiosa-argillosa, permeabili, privi o con ridotta percentuale di scheletro e con un'ottima capacità di ritenzione idrica.
Lo zafferano di Sardegna deve le sue peculiarità, oltre agli aspetti pedoclimatici della zona di produzione, alle tecniche agronomiche e di lavorazione e trasformazione del prodotto, adottate nelle diverse fasi del processo produttivo.
In particolare già dalla fase di avvio della coltura e a partire dalla selezione del materiale di propagazione, oggetto di attenta e meticolosa selezione, per poi arrivare alla raccolta, mondatura, essiccazione, conservazione, l'uomo interviene apportando conoscenze e pratiche acquisite nei secoli e tramandate ai giorni nostri che consentono di ottenere un prodotto con elevate qualità intrinseche ma anche con un forte e solido legame con la storia e la cultura del territorio in cui viene prodotto. Lo zafferano di Sardegna ha condizionato nelle sue alterne vicende economiche e per la sua importanza la vita delle popolazioni locali in cui veniva coltivato.
Il ciclo di coltivazione dello zafferano in Sardegna è poliennale. Le tecniche agronomiche poste in atto in tutte le fasi del ciclo colturale sono quelle tipiche di una coltivazione "biologica", cioè senza l'apporto e l'uso di sostanze chimiche di sintesi. Particolare importanza e tipicità riveste l'operazione dell'umettamento degli stimmi con olio extravergine nella fase che precede l'essiccazione. Operazione questa che si tramanda da secoli e che richiede l'attenzione di mani esperte.
La cultura dello zafferano in Sardegna, infatti, è molto antica ed affonda le sue radici all'epoca dei Fenici che, probabilmente, la introdussero nell'Isola.
Sotto il dominio punico e nel periodo romano e bizantino si consolidò la coltivazione e l'uso della droga nell'isola, utilizzata principalmente per usi tintori, terapeutici e ornamentali.
Ma la prima vera testimonianza di commercializzazione del prodotto "zafferano" si ha nel XIVo secolo con il Regolamento del porto di Cagliari del 1317 (Breve Portus) che contiene una norma per disciplinare l'esportazione degli stimmi dalla Sardegna.
Nell'800 si diffonde ulteriormente la coltura e l'uso della droga, impiegata non solo per le sue qualità aromatiche e medicinali, ma anche per la tintoria delle sete e dei cotoni. Non meno importante era però l'utilizzo che veniva fatto in cucina nelle preparazioni tipiche di pane, primi, secondi e dolci o, nei mercati, come merce di scambio.
Già a partire dalla guerra e con la ripresa economica, lo zafferano perde però la sua funzione di metro di valutazione dello stato sociale delle famiglie ma rimane, per molte di esse, un'importante fonte di integrazione al reddito, oltre che il simbolo della cultura e della tradizione di un popolo che da sempre si dedica all'agricoltura ed alla pastorizia.
Articolo 7. Controlli
I controlli saranno garantiti da una struttura di controllo rispondente agli articoli 10 e 11 del Reg. CE 510/06.
Articolo 8. Etichettatura
Lo "Zafferano di Sardegna" D.O.P., in attesa del confezionamento, deve essere conservato in contenitori di vetro o latta o acciaio inox, a chiusura ermetica che lo preservino dall'esposizione alla luce e all'aria.
Il confezionamento deve avvenire con cura e in confezioni tali da non provocare danni interni o esterni al prodotto. Il materiale delle confezioni deve essere di vetro o terracotta, o sughero o cartoncino (quello a diretto contatto con il prodotto è costituito da vetro o carta) e deve essere tale da evitare danni o alterazioni durante il trasporto e la conservazione. Le confezioni hanno un peso di 0,25 g, o 0,50 g, o 1 g, o 2 g, o 5 g.
Le confezioni devono recare:
il logo della D.O.P. "Zafferano di Sardegna";
il logo comunitario della D.O.P.;
ogni altra indicazione prevista dalle leggi vigenti;
il bollino recante la numerazione progressiva delle quantità prodotte, rilasciato dal Consorzio di tutela incaricato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o in caso di sua assenza dalla Struttura di controllo.
Il logo della denominazione è costituito da tre parti ben distinte con al centro il simbolo dello zafferano rappresentato, con segno stilizzato, da un fiore a sei tepali disposto a sinistra per lasciar spazio agli stimmi che si protendono verso destra e verso sinistra; in alto è disposta ad arco la dicitura "Zafferano di Sardegna" in carattere Futura Condensed; in basso chiusa in un bacchettone la scritta "Denominazione di Origine Protetta" in carattere Futura Condensed.
La D.O.P. deve figurare in etichetta con caratteri chiari, indelebili, con colorimetria di ampio contrasto rispetto al colore dell'etichetta e tale da poter essere distinto nettamente dal complesso delle indicazioni che compaiono in etichetta.
Alla Denominazione d'Origine Protetta è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal Disciplinare di Produzione, mentre è consentito l'uso di ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l'acquirente.
Articolo 9. Prodotti trasformati
I prodotti per la cui preparazione è utilizzato lo "Zafferano di Sardegna" D.O.P., anche a seguito di processi di elaborazione e di trasformazione, possono essere immessi al consumo, in confezioni recanti il riferimento alla detta denominazione di origine, senza l'apposizione del logo comunitario, a condizione che:
il prodotto a denominazione di origine protetta certificato come tale, costituisca il componente esclusivo della categoria merceologica;
gli utilizzatori del prodotto a Denominazione d'Origine Protetta siano autorizzati dai titolari del diritto di proprietà intellettuale conferito dalla registrazione della D.O.P., riuniti in Consorzio incaricato alla tutela dal inistero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Lo stesso Consorzio incaricato provvederà anche ad iscriverli in appositi registri ed a vigilare sul corretto uso della Denominazione d'Origine Protetta.
In assenza di un Consorzio di Tutela incaricato le predette funzioni saranno svolte dal MIPAAF in quanto autorità nazionale preposta all'attuazione del Reg. CE 510/06.